Δευτέρα 14 Νοεμβρίου 2022

Katerina Gogou

 
                               

Katerìna Gògou nasce ad Atene il 1° giugno 1940. Comincia da ragazza la carriera di attrice cinematografica girando circa una ventina di film dal 1961 fino al 1984.

Da ricordare in particolare la sua interpretazione come protagonista in Il melone pesante (1977). Verso la fine degli anni ’70 si volge verso la poesia, pubblicando sei libri in vita e uno postumo. Il primo, 3 click a sinistra, è stato tradotto in inglese da Jack Hirschman e pubblicato negli Stati Uniti. Ancora oggi, i libri di Katerìna Gògou sono tra i più letti e vengono continuamente ristampati. I testi qui presentati sono tratti da: 3 click a sinistra, 1978 (I miei amici sono uccelli neri; 9 anni; 25 maggio); Idionimo, 1980 (Guarda come le strade si perdono; Chiuso. Questo era); Mi chiamano Ulisse, 2004 (Antropogonia).

Il numero 145 di Odòs Panòs, luglio/settembre 2009, rivista letteraria creata e curata da Yòrgos Chronàs (ricordate?) è interamente dedicato a Katerìna Gògou. L’ho trovato per caso a una svendita di libri in un centro commerciale. Ho avuto un lampo. Ho pensato che ero passato sotto casa sua due mesi prima che si ammazzasse, il 3 ottobre 1993. Era la prima volta che vedevo Atene. Andavo al Museo Nazionale di Archeologia. Io allora non sapevo chi fosse Katerìna Gògou. Molti anni dopo, sono tornato sotto casa sua, a cinque minuti dal mio monolocale, questa volta coscientemente, e mi sono soffermato a pensare che erano già passati sei anni dalla sua morte.

Proprio in questi giorni i cittadini del quartiere di Exàrcheia stanno costruendo, insieme a un mastro pietraio, una fontana di pietra nel giardino autogestito di via Navarìnou. Là una volta c’era un vecchio palazzo, poi buttato giù. Si sono opposti a un’altra costruzione e hanno occupato la zona edificando un piccolo parco ricco di piante, giochi per bambini, panchine. Sono sicuro che se Katerina fosse viva troverebbe in tutto questo la sua conferma che la rivoluzione non si fa con le bandiere rosse ma nell’arrogarsi il diritto di sequestrare un pezzo di terra e piantarci un albero. Un albero di molti non è molto, ma permette di condividere un poco di bellezza. Cosa che forse le avrebbe evitato l’assunzione di una dose smodata si pasticche e alcol.

L’hanno chiamata la “poetessa di Exàrcheia”, volendo con ciò intendere “la strada”. Il quartiere è sempre stato quello di artisti, anarchici, rivoluzionari veri o presunti. In quelle strade si è svolta molta della storia greca contemporanea. Lì è il Politecnico. Ma anche strade di abisso, prostituzione, droga e solitudine. In quei vicoli si è persa Katerina. E per quanto i punti di contatto fra il suo tempo e il nostro siano pochi, quelle strade esistono ancora ma in forma diversa. Oggi forse il suo stato di maledizione permanente troverebbe sollievo nel curare, insieme ad altri, un giardino “occupato”, meno ideologico ma di certo immensamente rivoluzionario.

Katerina è stata l’unico poeta della propria generazione a raccogliere poesia dalla strada. Mentre altri parlavano di poesia, lei la faceva. Insieme ai cantautori Asimov e Pavlòpoulos è stata l’unica “beat” greca nella sua speranza di raccogliere da terra, oltre che pietre, un briciolo di bellezza, nell’inseguire una forma di beatitudine. È stata rivoluzionaria almeno in questo. Il suo è un linguaggio molto duro, volutamente basso. Molte volte utilizza la scrittura automatica ma, al contrario dei beat, raggiunge il nocciolo della disillusione, che è anch’essa una forma di beatitudine al contrario, una materia oscura.

Mentre altri inseguono parole per condire fogli, Katerina è il poeta che riporta in vita dall’oblio una fase storica che fu soprattutto politica. Come poteva non esserlo? Nata allo scoppio del secondo conflitto mondiale, ragazzina durante la guerra civile, donna sotto i colonnelli e nel circo pseudo socialista degli anni ’80. La sua è una poesia politica nel modo di porsi di fronte alla realtà. Quasi la rivendicazione di un posto nel mondo per quelli, e saranno sempre drammaticamente troppi, che per propria “colpa e imperfezione” non riescono ad averlo.

La sua poesia è anche una reazione alla signorina perbene e innocente dei suoi film degli anni ’60. Del suo essere attrice resta moltissimo nelle sue poesie. Anzitutto un linguaggio semplice e diretto. E poi una modalità visiva di costruzione del testo, un ritmo spesso sincopato. La sua è una poesia in bianco e nero, in realtà una lunga sceneggiatura che Katerina scrive e interpreta fino a quando, credo, conscia che tutto ciò non può avere una fine, decide di interrompere le riprese. Così, chi la conosceva, di nome o di fatto, un giorno la vede scomparire nel bel mezzo del film. Ha deciso di scendere la fermata prima. Ha dimenticato i vestiti in lavanderia. (M. D.)

 

Katerìna Gògou
Antologia poetica
(Cura e traduzione di Massimiliano Damaggio)

 

Katerìna Gògou

 

Εμένα οι φίλοι μου είναι μαύρα πουλιά

Εμένα οι φίλοι μου είναι μαύρα πουλιά
που κάνουν τραμπάλα στις ταράτσες ετοιμόρροπων σπιτιών
Εξάρχεια Πατήσια Μεταξουργείο Μέτς.
Κάνουν ότι λάχει.
Πλασιέ τσελεμεντέδων και εγκυκλοπαιδειών
φτιάχνουν δρόμους και ενώνουν έρημους.
Διερμηνείς σε καμπαρέ της Ζήνωνος
επαγγελματίες επαναστάτες
παλιά τους στρίμωξαν και τα κατέβασαν
τώρα παίρνουν χάπια
και οινόπνευμα για να κοιμηθούν
αλλά βλέπουν όνειρα και δεν κοιμούνται.
Εμένα οι φίλοι μου είναι σύρματα τεντωμένα
στις ταράτσες παλιών σπιτιών
Εξάρχεια Βικτόρια Κουκάκι Γκύζη.
Πάνω τους έχετε καρφώσει εκατομμύρια σιδερένια μανταλάκια
τις ενοχές σας αποφάσεις συνεδρίων
δανεικά φουστάνια
σημάδια από καύτρες περίεργες ημικρανίες
απειλητικές σιωπές κολπίτιδες
ερωτεύονται ομοφυλόφιλους
τριχομονάδες καθυστέρηση
το τηλέφωνο το τηλέφωνο το τηλέφωνο
σπασμένα γυαλιά το ασθενοφόρο κανείς.
Κάνουν ότι λάχει.
Όλο ταξιδεύουν οι φίλοι μου
γιατί δεν τους αφήσατε σπιθαμή για σπιθαμή.
Όλοι οι φίλοι μου ζωγραφίζουνε με μαύρο χρώμα
γιατί τους ρημάξατε το κόκκινο
γράφουνε σε συνθηματική γλώσσα
γιατί η δικιά σας μόνο για γλείψιμο κάνει.
Οι φίλοι μου είναι μαύρα πουλιά και σύρματα
στα χέρια σας. Στο λαιμό σας.
Οι φίλοι μου.

 

I miei amici sono uccelli neri

I miei amici sono uccelli neri
che fanno l’altalena sui terrazzi di case cadenti
Exàrcheia Patìssia Metaxouryìo Mèts.
Fanno quello che gli capita.
Piazzisti di ricettari ed enciclopedie
costruiscono strade e uniscono deserti.
Interpreti al cabaret di via Zenone
rivoluzionari professionisti
messi spalle al muro hanno mollato
ora prendono pastiglie
e alcol per dormire
ma sognano e non dormono.
I miei amici sono cavi tesi
sulle terrazze di case vecchie
Exàrcheia Viktòria Koukàki Ghìzi.
Ci avete inchiodato milioni di mollette di ferro
le vostre colpevoli decisioni al congresso
gonne prese in prestito
bruciature di sigarette strani mal di testa
silenzi minacciosi cerviciti
omosessuali si innamorano
tricomoniasi ritardo
il telefono il telefono il telefono
vetri rotti l’ambulanza nessuno.
Fanno quello che gli capita.
I miei amici viaggiano sempre
perché gli state col fiato sul collo.
Tutti i miei amici dipingono col nero
perché gli avete distrutto il rosso
usano la lingua dello slogan
perché la vostra è buona per leccare.
I miei amici sono uccelli neri e cavi
fra le vostre mani. Alla vostra gola.
I miei amici.

 

*

 

Ετών 9

Οταν ξυπνήσεις το πρωί
και δεν θα βρεις στο πάτωμα
χαπάκια πουλόβερ και σουτιέν
και χτυπήσεις με δύναμη την πόρτα
χωρίς ν’ακούσεις πίσω σου το υστερικό μου “σκασμός”
μη βάλεις τα κλάματα και πας για να με βρεις
σην παδική μου φωτογραφία που σε κοιτάει.
Ποτέ δεν έβλεπα.
Ούτε στα ηλίθια γραπτά μου. Σου΄χω πει ψέμματα.
Πάντοτε σου ‘λεγα πως είναι όμορφοι οι άνθρωποι τα χρώματα κι η μουσική.
Μέτρησε μόνο τα μεροκάματα που έκανα
μ’αυτό θα μάθεις πώς έζησα.
Μέτρησε έπειτα το νοίκι μας
ποτέ δεν έφτανε να το πληρώσω.
Και πόσο φως έκαψα
ψάχνοντας να βρω τρόπο.
Τράβα μετά και γύρεψε απ’ τον πατέρα σου
για τελευταία φορά χρήματα
και δώσε τα χρέη μου.
Υστερα πλύνε τα μούτρα σου
και μην αφήσεις κανέναν να σου πει
τί απόγινε με τη μάνα σου.
Μόνο κάτω απ’ αυτές
τις ηλίθιες αποδείξεις
φτιάξε έναν ήλιο απ’ αυτούς που μόνο εσύ έχεις στο νού σου
και κάτω απ’ αυτόν
γράψε με τ’αστεία παιδικά σου γράμματα
ΞΟΦΛΗΣΕ! ΞΟΦΛΗΣΕ! ΞΟΦΛΗΣΕ! ΞΟΦΛΗΣΕ!

 

9 anni

Quando la mattina ti sveglierai
e non troverai sul pavimento
pillole maglione e reggiseno
e busserai forte alla porta
senza sentire dietro te il mio isterico “piantala”
non scoppiare a piangere ma vieni a cercarmi
nella foto di me bambina che ti guarda.
Io non ho mai veduto.
Nemmeno nel mio stupido scrivere. Ti ho mentito.
Ti dicevo sempre com’erano belli gli uomini i colori e la musica.
Tu conteggia solo il cottimo che ho fatto
e con quello saprai come sono vissuta.
Conteggia poi l’affitto
mai ci bastavano a pagarlo.
E quanta la luce che ho bruciato
cercando un modo.
E va’ avanti, e va’ a chiedere a tuo padre
per l’ultima volta i soldi
e digli che sono in debito.
Poi sciacquati la faccia
e non lasciare che nessuno ti dica
che è successo a tua madre.
Solamente con queste
prove stupide
costruisci un sole di quelli che solo tu hai in mente
e sotto questo sole
scrivi con le tue divertenti lettere infantili
HA SALDATO! SALDATO! SALDATO! HA SALDATO!

 

*

 

25 Μαϊου

Ένα πρωί θ’ ανοίξω την πόρτα
και θα βγω στους δρόμους
όπως και χτες.
Και δεν θα συλλογιέμαι παρά
ένα κομμάτι από τον πατέρα
κι ένα κομμάτι από τη θάλασσα
-αυτά που μ’ άφησαν- και την πόλη.
Την πόλη που τη σάπισαν.
Και τους φίλους μας που χάθηκαν.
Ένα πρωί θα ανοίξω την πόρτα
ίσα ολόισα στη φωτιά
και θα μπω όπως και χτες
φωνάζοντας “φασίστες!!’
στήνοντας οδοφράγματα και πετώντας πέτρες
μ’ ένα κόκκινο λάβαρο ψηλά να γυαλίζει στον ήλιο.
Θ’ ανοίξω την πόρτα
και είναι -όχι πως φοβάμαι-
μα να, θέλω να σου πω, πως δεν πρόλαβα
και πως εσύ πρέπει να μάθεις
να μην κατεβαίνεις στο δρόμο
χωρίς όπλα όπως εγώ
– γιατί εγώ δεν πρόλαβα-
γιατί τότε θα χαθείς όπως και εγώ
“έτσι αόριστα”
σπασμένη σε κομματάκια
από θάλασσα, χρόνια παιδικά
και κόκκινα λάβαρα.
Ένα πρωί θ’ ανοίξω την πόρτα
και θα χαθώ με τ΄όνειρο της επανάστασης
μες την απέραντη μοναξιά των δρόμων
που θα καίγονται,
μες την απέραντη μοναξιά των χάρτινων οδοφραγμάτων
με το χαρακτηρισμό -μην τους πιστέψεις!-
Προβοκάτορας.

 

25 maggio

Un mattino aprirò la porta
e uscirò per strada
come ieri.
E non penserò se non
a un pezzo di padre
e un pezzo di mare
– quello che m’hanno lasciato – e la città.
La città che hanno cariato.
E i nostri amici che si persero.
Un mattino aprirò la porta
dritta dritta sul fuoco
e come ieri entrerò
urlando “fascisti”!
alzando barricate e tirando pietre
con una bandiera rossa a splendere nel sole.
Aprirò la porta
ed è – non che abbia paura –
ma ecco, vorrei dirti di come non ho fatto in tempo
e di come tu debba imparare
a non scendere in strada
senza armi come me
– perché io non ho fatto in tempo –
perché allora ti perderai, come me
“indeterminata”
fatta a pezzi
da mare, infanzia
e bandiere rosse.
Un mattino aprirò la porta
mi perderò con il sogno della rivoluzione
nella sconfinata solitudine delle strade
che bruceranno,
nella sconfinata solitudine di barriere di carta
con il solito – non gli credere! –
provocatore.

 

*

 

Πάει, Αυτό ήταν.

Πάει. Αυτό ήταν.
Χάθηκε η ζωή μου φίλε
μέσα σε κίτρινους ανθρώπους
βρώμικα τζάμια
κι ανιστόρητους συμβιβασμούς.
Άρχισα να γέρνω
σαν εκείνη την ιτιούλα
που σού `χα δείξει στη στροφή του δρόμου.
Και δεν είναι που θέλω να ζήσω.
Είναι το γαμώτο που δεν έζησα.
Κι ούτε που θα σε ξαναδώ.

 

Chiuso. Questo era.

Chiuso. Questo era.
Vedi, mi s’è perduta la vita
fra uomini gialli
vetri sporchi
e compromessi indicibili.
Comincio a invecchiare
come quel piccolo salice
che t’avevo mostrato all’angolo della strada.
E non è che voglio vivere.
È cazzo che non sono vissuta.
E che non ti rivedrò.

 

*

 

Ανθρωπογονία

Γιατί ίσκοι είναι οι θεοί, απάνθρωποι, μες
στους αποθαμένους.
Σε σύννεφα μέσα και βουνά κι αγάλματα νύχτας
μπήγονται
τον άνθρωπο εφθόνησαν, φθονούνε
και φοβούνται.
Κι οι μεσολαβητές
αδέξιοι, χωλοί και επηρμένοι
με τρύπιο αμφορέα
νεροκουβαλητάδες
με τον έρωτα
και τα όνειρα
τον τρόμο στους θνητούς
εφέρανε
για τρέλα ή για θάνατο
αθάνατοι να θέλουν να γίνονται
στη γη καθηλωμένοι.
Και σημάδεψαν παντού
στο σώμα, στην ψυχή και στο νου
με μύθους
ότι βαριά αρρώστια είναι η μοναξιά
και όχι ελευθερία.
Κι ακόμη αρρώστιας έμπυας
ψέμματα είπαν πολλά
για να τους κάνουνε απόκοντα να τρέχουν
χάνοντας έτσι την όραση
για τ’ άφαντα και τα κοινά
γιατί ενεργά ακίνητος
είναι ο πιο γρήγορος χρόνος.
Κι ακόμη το χειρότερο
της αυτοκαταστροφής
θυσίας και τροφής τους
τους πολυαγαπημένους μας θνητούς
με δόλο πολύ “ήρωες” ονόμασανε
παράγωγο της ηρωίνης.
Και οι θεοί σαν βίαιη υπέρτατη εξουσία
στους αυλοκόλακες δώσαν τιμές
και ημίθεους ειρωνικά τους ονόμασαν.
Κι οι μεσολαβητές – ημίθεοι
που πίσω απο τις μούσες κρύβονται
και με ψηλούς κοθόρνους
ορίσανε για όνομα
τον εαυτό τους ποιητές και παρηγορητές
μα πάντα με αυτούς έχουμε πόλεμο
και τούτοι -αν ειναι- είναι χρήσιμοι
σε διάλειμμα ειρήνης.
Έτσι έπαθαν οι θνητοί
που με υάκινθο
είχανε σμίξει την ψυχή
και πάναγνοι, όμορφοι και λαμπεροί
την προδοσία
δε την γνώριζαν
και έτσι τους πίστεψαν.
Μα τώρα βιάσου
αργά αργά να γιάνουμε
τα αστραφτερά φτερά μας
το δρόμο απο την αρχή να πάρουμε
στα ξέφωτα να βγούμε
μην τύχει κι άλλοι απο μας
νερό πιουν της λήθης
κι έτσι και είναι σαν εμάς
μεγάλα πάθη πάθουνε
κι όπως καταραστήκαμε
να μας καταραστούνε.

 

Antropogonia

Perché ombre sono gli dei, inumani, fra
chi è sepolto.
Dentro le nubi e in monti e statue della notte
si conficcano
invidiarono l’uomo hanno, invidiano
e hanno paura.
E gli intermediari
goffi, zoppi e superbi
portatori d’acqua
in anfore bucate
con l’amore
e con i sogni
portarono ai mortali
il terrore
per follia o per morte
di voler essere immortali
alla terra inchiodati.
E incisero dovunque
in corpo, in anima e mente
con il mito
che malattia offensiva è la solitudine
e non libertà.
E sulla malattia in suppurazione
mentirono molto
perché imparassero a correre
così da smarrire la visione
dell’invisibile e della politica
perché è il tempo più veloce
che agisce immobile.
E ancora peggio
della pena e del nutrimento
della loro autodistruzione
con grande inganno chiamarono “eroi”
i nostri beneamati mortali
derivato dell’eroina.
E gli dei come sommo violento potere
resero onore ai cortigiani
dicendoli con ironia semidei.
E gli intermediari – semidei
che si nascondono dietro le muse
e con alti calzari
definirono il nome
di sé poeti e consolatori
ma è sempre con loro la nostra guerra
e loro – se sono – sono utili
nelle pause di pace.
Tanto hanno sofferto i mortali
che al giacinto
avevano unito l’anima
e puri, belli e splendenti
non sapevano
il tradimento
e gli avevano creduto.
Ma ora muoviti
curiamo con calma
le nostre ali lucenti
cominciamo daccapo la strada
usciamo nella radura
non capiti che altri di noi
bevano un’acqua d’oblio
e così pur essendoci uguali
soffrano di grandi passioni
e così come noi maledicemmo
loro ci maledicano.

https://rebstein.wordpress.com/2014/02/15/poeti-greci-contemporanei-x/


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