Τρίτη 8 Νοεμβρίου 2022

De Chirico e la Grecia, intervista concessa a Franco Simongini


De Chirico: La Grecia è un paese dalle linee giuste. Nulla è troppo alto né troppo basso. Sembra un paese sorto e cresciuto in una serra. L’Oceano e le Alpi sono lontano dalla Grecia. Anche il cielo ed il mare non sono mai troppo azzurri. Sembra che una leggera coltre grigia ricopra tutto il paese. I monti non sono mai troppo alti. Si ha sempre l’impressione che si possa andare ovunque a piedi e senza fatica. I fiumi non sono mai troppo larghi e ci sono dei corsi d’acqua che invitano alla passeggiata lungo la loro sponda ed alle meditazioni filosofiche. Così era l’Ilisso; dico era perché adesso non esiste più, che scorreva ad Atene e lungo il quale, nelle chiare notti estive, Socrate in compagnia di Aspasia, la cortigiana intellettuale, passeggiava parlando e discutendo con lei, sui problemi dell’essere e del divenire.

Senta Maestro, in che località ci troviamo qui?

Qua ci troviamo in un luogo vicino ad Atene che si chiama Vugliagmeni. Vugliagmeni significa affondata. Veramente non ci vedo nulla di affondato qua ma si chiama così questo luogo. C’è un bel paesaggio, una bella marina, belle spiagge, un ottimo albergo che si chiama Astir, e siamo qua.

Ma è felice di trovarsi in Grecia?

Si, sono felice. Sono felice anche in altri luoghi. Io son sempre felice, ho la malattia della felicità.

Nella sua autobiografia Lei parla che è stato impressionato dalle bellezze della Grecia sin da quando era bambino.

Sì, ero impressionato dalla bellezza di questa città Volos che è la città dalla quale salparono gli Argonauti secondo la mitologia. E’ una bella città tutta bianca sul mare e poi dietro c’è il monte Pelio, con dei villaggi che fanno come delle macchie bianche e quello è bello, è una cosa che non ho visto, sì, ho visto anche in altri paesi, villaggi sui monti ma come sono disposti là soltanto a Volos li ho visti.
Ma Lei ha vissuto tanto a Volos?

No, a Volos ho vissuto poco perché mio padre aveva costruito quelle ferrovie ma la direzione però era ad Atene. Ho vissuto qualche anno ma poi gli altri anni siamo vissuti ad Atene.

Quale sono state le bellezze che Lo hanno più colpito sia della Grecia che di Atene, cioè le bellezze naturali o le bellezze architettoniche?

Ma, si architettoniche ma più che altro la natura, perché la natura, vede, in Grecia ha questo di bello. Che non c’é mai nulla di esagerato.

Quelle belle mattine quando racconta che andava a pescare con suo fratello e due impiegati.

Sì, quando il tempo era bello si andava qualche volta. C’ero io, mia madre, poi questi due impiegati che lavoravano con mio padre in questa società di ferrovie. Si andava a pescare ma con la lenza non con le reti.

Lei era un bravo pescatore allora?

Mah.. bravo. Cosa vuole che fossi bravo. Non so. Buttavo giù quella lenza, poi qualche volta c’era un pesce che abboccava, ma allora era meno sensibile ora non potrei pescare perché l’idea di prendere un animale, anche un animale che non è molto vicino a noi come un pesce e poi farlo morire per asfissia non mi va. Ora non lo farei per esempio. Si vede che sono più sensibile ora di quello che ero a quel tempo.

Con suo padre Lei andava a vedere musei, opere d’arte?

Sì, qualche volta siamo andati. Anche sull’Acropoli, ma mio padre era sempre molto occupato. Andavamo più che altro in gite, non so, ma proprio a vedere i musei sono andato per conto mio.

Ma al Museo di Olimpia c’è l’Ermes di Prassidia.

Al Museo di Olimpia sono stato con degli allievi di una scuola d’arte che si chiama il Politecnico. Ho visto questo tempio che mi ha impressionato. Ricordo che allora passando accanto al tempio si vedeva da una finestra questo Ermes di Prassidia nel Museo. Era curioso perché non aveva l’aspetto dei soliti musei. Era impressionante perché sembrava una cosa quasi casalinga. Ma un aspetto casalingo particolare. Insomma, anche un po’ metafisico. La scultura greca è bellissima, quella scultura dell’epoca classica. A me mi piacciono più i classici che i primitivi.

Lei ha fatto studi classici, Maestro o no?

No, io veramente non posso dire… autodidatta. Non ho mai frequentato scuole. In Grecia mio padre aveva mobilitato vari professori.

E il disegno invece?

Il disegno, sì, l’ho studiato una volta. Avevo un professore proprio a Volos. Un giovane greco, però di origini veneziana, perché parlava l’italiano e lo parlava con l’accento veneziano e poi ad Atene, più tardi, sono stato alla scuola del Politecnico. E lì per l’appunto per un anno e mezzo circa ho lavorato per una classe di disegno, di bianco e nero.

Poi ha lasciato la Grecia quando aveva 12-13 anni.

No di più. Ne avevo quasi 17, 16 e mezzo, più o meno.

Senta Maestro, ma questa ispirazione diciamo così mediterranea della Sua pittura, Lei la trova esatta?

La leggenda della mia pittura molto ispirata dall’antica Grecia dipende dal fatto che alcuni quadri dei cavalli ai quali ho messo il titolo “Cavalli sulle rive dell’Egeo” ecc., dietro in secondo piano quasi sempre ho messo dei monti o degli scogli con sopra delle rovine o dei resti di templi. Anche per terra davanti ai cavalli qualche volta ho messo dei frammenti di colonne, Ma sa quando una leggenda nasce è difficile che muoia.

Pensa che siano utili questi esercizi?

Sono indispensabili. Ora credo che nelle Accademie non li facciano più. Ora nelle Accademie non c’è più nessun insegnamento. In tutti i paesi ci sono Accademie di Belle Arti, di sculture, le pitture, ma credo che gli allievi non imparino niente. Imparerebbero lo stesso a stare a casa a disegnare.

Quindi Lei quando ha un blocchetto di carta e una matita come adesso che ci troviamo sotto il Partenone, subito sente la necessità quasi di…

Sì, di fare qualche schizzo, di qualche appunto.

Cioè, praticamente, di tenersi in esercizio. Lo fa così anche per comprendere meglio il soggetto?

Sì, sì. Prima i pittori sempre avevano un taccuino in tasca e una matita per poi fare schizzi, per dare appunti. Anche quella è un’abitudine che si è perduta ora.

Lei dipinge molto, cioè tutti i giorni. Lei disegna o dipinge?

Ma sì, almeno che sia malato, un giorno che abbia da fare o che sia molto stanco. Mica è una cosa che stanchi la pittura.

Come si trova qua Maestro?

Ah, benissimo. Non c’ero stato da parecchi anni, ma il luogo è sempre lo stesso e sempre impressionante per la sua bellezza classica.

Ma quante volte ha sognato di ritornarci qua?

Oh, sognato. Non so, 5-6 volte. Non ricordo precisamente. Ma alcune volte ho sognato, sì.

Siccome sogna molto perché è molto artista allora…

Sì, sogno molto. Sogno dormendo.

Senta, Maestro. Ma molti dicono che Lei è scostante, non vuole contatti. Ma invece è venuto qui in mezzo a tutta questa gente, a queste macchine, con questo sole. Come mai? Ha fatto un’eccezione particolare per Atene?

No, non sono scostante io; questa è una voce tendenziosa che è stata messa in giro per allontanare da me eventuali compratori.

Lei ha dipinto il Partenone?

Veramente il Partenone solo no. Ma ho fatto una pittura di Atene con l’Acropoli e anche quel monte di Cabete dove c’é un convento di monaci e lì si vede il Partenone.
L’Acropoli rappresenta lo spirito della Grecia?

Eh sì, proprio lo spirito. Il nome Partenone viene da partenos che vuol dire vergine in greco perché era dedicato a Minerva – Pallade – Atena che era una dea vergine. Si interessava soltanto alle arti, e alla guerra e alle scienze.

Cosa ne pensa del Partenone?

E’ buono.

Senta, si tratterrà molto qui?    
      
No, io mi tratterrò ancora non so 8 giorni e poi andrò a Venezia, rimarrò a Venezia una decina, quindicina di giorni.

Dove aspetterà noi.

Dove aspetterò loro che ricominceranno a chiedermi se son nato in Grecia.

Comunque parleremo di Venezia.

Parleremo di Venezia ma sempre aggiungendo che son nato in Grecia. E’ un aereo che passa.

Senta, ma il posto è bello però c’è l’aeroporto vicino.

Sì, ogni tanto ma non mi disturbano anche di notte passano continuamente ma non mi disturbano.

Lei ha il sonno profondo.

Dormo molto e bene.

Ma Lei parla che in certe mattine nel dormiveglia ha delle visioni.

Ho delle visioni la mattina in dormiveglia e anche la sera nel dormiveglia.

Lei si considera un visionario, diciamo…

Io veramente sono molto ricco di fenomeni psichici, mentali, ecc. Sì, sarei anche visionario.

Scusi se siamo un po’ sullo scherzo, sull’ironia, ma vedo che Lei è sempre così disposto a fare battute, a scherzare.
Scherzando dico la verità.

Comunque Maestro deve apprezzare che non le abbiamo domandato che ne pensa della pittura moderna, che ne pensa di Picasso. Abbiamo evitato…

No, no, non posso rispondere essendo legato al segreto professionale.

Ma mentre nella sua pittura, diciamo così, di ispirazione classica, una certa serenità, una certa gioia, un certo equilibrio, nelle Piazze d’Italia del periodo metafisico c’è già una malinconia?

Sì, quella melanconia, quella ha un’origine ben precisa, che è stata, che mi è venuta dalle letture delle opere di Federico Nietzsche, il quale aveva una… amava molto l’Italia e soprattutto amava Torino. Trovava in Torino un senso metafisico, una tranquillità, una serenità, soprattutto nei mesi dell’autunno, che non trovava in altre città. E io quando andai a Torino la prima volta, sentì questo che aveva sentito Nietzsche.

Intervista concessa a Franco Simongini, Atene 1973.


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