Il taglio delle tasse in Grecia s'ha da fare, ma anche no. Bruxelles acconsente all'alleggerimento dell'austerità fiscale per Atene, eppure i numeri dicono che non ci sarebbero margini per il nuovo governo di centro-destra.
Parlare di meno e lavorare di più”. Questo è stato il messaggio che il premier Kyriakos Mitsotakis ha rivolto ai deputati di Nuova Democrazia alla sessione inaugurale del nuovo Parlamento. Sono passate meno di due settimane dalla netta vittoria dei conservatori su SYRIZA, la formazione di estrema sinistra di Alexis Tsipras. E dopo un avvio non brillante per i rapporti con l’Europa, da Bruxelles arriva una timida apertura al piano di taglio delle tasse del nuovo governo.Il direttore dell’ESM, il tedesco Klaus Regling, ha dichiarato che “quando si tagliano le tasse è sempre un fatto positivo, in quanto favorisce la crescita”, aggiungendo che “si tratta di verificare come ciò avviene, perché ci saranno minori entrate”.
I numeri non abbandonano Atene per magia. Mitsotakis vuole ridurre l’avanzo primario dal 3,5% al 2,5% del pil per il prossimo triennio, liberando così risorse per circa 1,8 miliardi all’anno da destinare al taglio delle tasse. I creditori pubblici europei, cioè l’ESM in rappresentanza dei governi dell’Eurozona e la BCE, di questo orecchio non ci sentono. Per loro, l’avanzo primario costituisce una garanzia di sostenibilità del debito pubblico ellenico, esploso al 180% del pil e per l’83% in forma di crediti verso i partner dell’area e il Fondo Monetario Internazionale. Ma c’è di più: 1,7 miliardi di euro risultano già intaccati da misure di spesa adottate da Tsipras poco prima di lasciare la guida del governo, nel tentativo disperato di restare al potere e non perdere le elezioni.
I numeri per tagliare le tasse (forse) non ci sono
Nei fatti, l’avanzo primario starebbe già portandosi al 2,5% a cui punta Mitsotakis, lasciandogli margini nulli per tagliare le tasse, almeno se vorrà farlo in deficit. Servono le coperture finanziarie. E qui casca l’asino, perché in un’economia zavorrata da una crisi che ha sottratto un quarto di pil rispetto ai livelli del 2007 e che ha fatto impennare la disoccupazione al tasso ancora elevatissimo del 18% (al 50% tra i giovani), tagliare la spesa pubblica per abbassare le tasse risulta molto complicato.
Gli emissari della Troika proveranno ugualmente ad ascoltare il piano del premier nei dettagli e dovranno convincersi che sia cosa buona e giusta, altrimenti il loro “niet” impedirà al governo conservatore di dare attuazione alla promessa elettorale più importante, nonché alla misura pro-crescita più concreta e d’impatto ambita.
Il mercato dei bond continua a scontare le buone notizie. Il rendimento a 10 anni ieri si attestava al 2,15%, non molto di più del minimo storico del 2,03% toccato nelle scorse settimane. Pochi giorni fa, il Tesoro di Atene è riuscito ad emettere un bond a 7 anni all’1,90%, impensabile fino a pochi mesi fa. Resta il fatto che il rendimento medio della curva delle scadenze si attesti ancora su livelli molto superiori a quello di poco oltre l’1% del costo dei debiti contratti con i governi europei attraverso i 3 “bailout” dal 2010 al 2015. Insomma, la Grecia è tornata a rifinanziarsi sui mercati sulle scadenze medio-lunghe, ma resta dipendente dalla Troika per fare quadrare i conti pubblici, altrimenti avrebbe bisogno di un avanzo primario proprio intorno a quel 3,5% del pil richiesto dai creditori europei per evitare che la montagna del suo già immenso debito continui a crescere. Forse, questo il mercato non lo sta scontando!
https://www.investireoggi.it/economia/la-grecia-di-mitsotakis-riceve-buone-notizie-da-bruxelles-sulle-tasse-oppure-no/
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