All'Archeologico
di Reggio Calabria le richieste dei pellegrini
(ANSAmed) -
NAPOLI, 14 MAR - Una lettura delle relazioni tra le regioni sulle due sponde
dello Ionio nell'antichità, la Grecia e l'Italia, Ioannina e le città della
Magna Grecia nel mezzogiorno. E' questo il percorso della mostra
"Dodonaios.
L'oracolo di Zeus e la Magna Grecia", inaugurata al Museo Archeologico Nazionale di Reggo Calabria, dove resterà allestita fino al prossimo 9 giugno. L'esposizione è curata dal direttore del MArRC Carmelo Malacrino e da Konstantinos I. Soueref, direttore del Museo Archeologico di Ioannina, in Grecia, e nasce appunto da una collaborazione tra il Museo di Reggio Calabria, il Museo dell'Epiro e l'Università di Salerno. Nella mostra saranno esposti oggetti di Dodona, sede del famoso oracolo, provenienti dalla collezione del Museo Archeologico di Ioannina, alcuni dei quali non avevano mai varcato prima i confini della Grecia. Tra questi, una selezione delle laminette di piombo incise, in particolare, riferibili alle città magno greche. Si racconta così la storia archeologica e letteraria del santuario dedicato a Zeus, di cui scrissero il tragediografo Euripide e lo storiografo Erodoto. L'oracolo era noto in tutte le città della Magna Grecia, tra cui molte in Calabria (Hipponion, Reghion, Kroton, Sybaris, Thourioi, Heraklea, Metapontion, Taras). "I pellegrini - spiega l'archeologo Luigi Vecchio - si recavano al santuario da ogni parte dell'Epiro, della Tessaglia, dell'Attica, della Beozia, del Peloponneso, della Magna Grecia, per interrogare la divinità per lo più su questioni personali - sul matrimonio, sugli affari - in una pratica che durò molti secoli, dal VI al II a. C. almeno. La cosa più caratteristica e suggestiva è la modalità in cui ciò avveniva: in forma scritta, su laminette piccolissime, di pochi centimetri, che entrano sul palmo di una mano, con lettere incise delle dimensioni di pochi millimetri, che venivano piegate o arrotolate e presentate per la domanda". La "clientela" dell'oracolo era di ceto medio-basso: "Le sacerdotesse - aggiunge Vecchio - interpretavano le risposte del dio attraverso i suoni della natura: il fruscio della grande quercia sacra, il volo delle colombe. Suoni che rimbombavano nel silenzio della vallata". In qualche laminetta la risposta è incisa sul retro. Alcune venivano "riciclate" per porre nuove domande.
"Le
laminette in bronzo - afferma il direttore del MArRC, Carmelo Malacrino -
riferite alle colonie magnogreche in Calabria, insieme agli altri reperti
esposti in questa grande mostra, conducono il visitatore in un affascinante
viaggio alla scoperta del legame profondo e antico tra l'Italia e la Grecia, e
in particolare tra le regioni che si affacciano sul mar Ionio, che separa ma
soprattutto unisce le due sponde. Con questa mostra, il Museo Archeologico
Nazionale di Reggio Calabria conferma la sua vocazione di polo culturale nel
bacino mediterraneo e di incontro tra popoli che condividono culture e
tradizioni. Soprattutto si conferma come laboratorio di ricerca e luogo di
sintesi tra studi e attività portati avanti da istituti diversi, sparsi nel
mondo".
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