La cancelliera: "I
profughi devono essere distribuiti in modo solidale. Monitoreremo l'attività
della Guardia costiera libica"
di ROBIN ALEXANDER, PETER
HUTH e ULF POSCHARDT
28 agosto 2017
SIGNORA cancelliera,
ritiene di aver commesso errori nella crisi dei profughi?
"Prenderei di nuovo
tutte le decisioni più importanti del 2015. Ricordiamoci che a fine agosto
erano già arrivati in Germania circa 400 mila profughi. Il ministero degli
Interni aveva pronosticato che entro il termine dell'anno sarebbero saliti a
800 mila. Alla fine ne sono arrivati 890 mila, dunque la prognosi era molto
precisa. Se parliamo di errori e omissioni, allora può essere che noi, me
compresa, negli anni scorsi abbiamo puntato troppo sul sistema di Dublino, che
ha preteso troppo da Paesi come l'Italia e la Grecia. Inoltre, abbiamo rivolto
scarsa attenzione alla terribile situazione di milioni di persone, provocata
dalla guerra in Siria e dal terrore dell'Isis in Iraq, né abbiamo avuto una
sufficiente consapevolezza del fatto che le razioni alimentari nei campi
profughi della Giordania e del Libano si erano ridotte, e che in questi Paesi
molti bambini per anni non erano andati a scuola. L'insegnamento che ne abbiamo
tratto è stato quello di aiutarli sul posto, nelle vicinanze della loro terra
d'origine, a combattere le cause della loro fuga, sia nel contesto della Siria
e dell'Iraq che in relazione ai conflitti africani".
Rifarebbe tutto quello che
ha fatto nel settembre 2015 e nei mesi successivi?
"Sì. In quel momento
la Germania ha agito in modo giusto e umano in una situazione molto difficile.
Ne sono convinta, e nello stesso tempo dico che il 2015 non deve ripetersi. Si
è trattato di una situazione di emergenza che noi tutti, comprese le persone
che cercano rifugio, non dovremmo più rivivere".
Il suo governo ha
organizzato una votazione aperta nel consiglio dei ministri degli Interni
europei per imporre la ripartizione dei profughi in Europa. È stata una buona
idea?
"In Europa tutti
devono rendersi conto che il vecchio sistema di Dublino così com'è non è più
sostenibile. Non può essere che la Grecia o l'Italia siano costrette a
sostenere da sole tutto il peso solo perché la loro situazione geografica è
quella che è, e i profughi approdano da loro. Perciò dobbiamo distribuire i
profughi in maniera solidale fra gli Stati membri. Ovviamente si può
differenziare in base alla situazione economica, alla disoccupazione locale e
ad altri fattori. Ma che singoli Paesi si rifiutino in linea di principio di
accogliere profughi, nemmeno uno, non va. Questo rifiuto non è accettabile,
contraddice lo spirito europeo".
Nella primavera del 2016
si è opposta con forza alla chiusura della rotta die Balcani, che poi è stata
organizzata da altri Paesi membri dell'Ue. Oggi, con il senno di poi, questa
chiusura è stata utile alla Germania, dato che in seguito i numeri dei profughi
sono significativamente calati?
"Ho già detto molto
spesso che la chiusura della rotta dei Balcani aveva contribuito a far sì che
in Germania e in Austria giungessero molte meno persone. È una cosa che
chiunque può vedere. Ma questa non poteva in alcun modo essere una soluzione
permanente, poiché in Grecia, ad esempio, nel febbraio 2016 erano sbarcate più
di 50mila persone, perlopiù costrette a sopportare condizioni umanitarie
pesantissime. Tutto questo è cambiato solo con l'accordo fra l'Ue e la
Turchia".
Riguardo alla sua politica
sui profughi molti ritengono che nel settembre del 2015 lei si sia fatta
guidare anche dall'emotività. È d'accordo?
"Spero di essere una
persona per la quale contano sia il cuore che l'intelligenza. Ad ogni modo,
avevo riflettuto per tutta l'estate e già in agosto avevo parlato con il
presidente del Consiglio dell'Ue Donald Tusk del fatto che avevamo bisogno di
un accordo con la Turchia per non lasciare agli scafisti criminali il controllo
dell'Egeo. Nel momento della mia decisione del 4 settembre 2015 ho tenuto
presente il destino delle persone e nello stesso tempo ero consapevole della
situazione complessiva. Infatti, come già detto, fino ad allora erano già
arrivati in Germana circa 400mila profughi, in autobus e in treno, e il
ministero degli Interni due settimane prima aveva aumentato la previsione
annuale a 800mila. A inizio settembre la questione era dunque se dovessimo
lasciar arrivare da noi anche le persone che improvvisamente l'Ungheria aveva
deciso di far scendere dai treni alle frontiere e che si erano incamminate a
migliaia verso l'Austria e la Germania. Si trattava di evitare una catastrofe
umanitaria".
Avrebbe dovuto spiegare
meglio perché prese quella decisione?
"In una situazione
eccezionale ho preso la decisione che mi è sembrata giusta sul piano politico e
su quello umanitario. Nella storia di un Paese simili situazioni eccezionali si
presentano di continuo. In questi casi un capo di governo deve agire. È quello
che ho fatto".
Con i fondi europei viene
co-finanziata la sorveglianza della costa libica e vengono respinte le navi che
vogliono portare i migranti in Europa. Il suo governo critica tutto ciò. Ma
così facendo, lei non critica di nuovo chi fa un lavoro sgradevole ma necessario?
"Al contrario: in
realtà, noi europei istruiamo la Guardia costiera libica e la dotiamo degli
strumenti necessari per fare il suo lavoro. Essa deve essere messa in grado di
proteggere le sue coste. Allo stesso tempo, naturalmente, riteniamo essenziale
che si attenga alle norme del diritto internazionale, sia per quanto riguarda
il trattamento dei profughi e dei migranti, sia nei confronti delle Ong.
Qualora sorgano dubbi al riguardo, presenteremo reclami. Per questo pochi
giorni fa ho discusso con il commissario Onu per i profughi Filippo Grandi, e
con il direttore generale dell'Organizzazione Internazionale per la Migrazione
William Swing, su come le persone ricondotte in Libia dalla guardia costiera
libica possano essere trattate e soccorse in base agli standard umanitari
internazionali. Vale per la Libia quello che vale per
la Turchia: non possiamo lasciare la questione in mano agli scafisti, che hanno
sulla coscienza tante vite umane. Bisogna mettere fine ai
loro traffici".
(Traduzione di Carlo Sandrelli)
© Die Welt am Sonntag / Lena Leading European Newspaper Alliance
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