Πέμπτη 6 Αυγούστου 2020

MES, viceministro Esteri Grecia: “Non lo vogliamo”/ “Prestito che significa Troika”

von der Leyen recovery fund
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (LaPresse)


C’è chi dice “no”, in questo caso però Vasco Rossi non c’entra nulla ma l’oggetto del contendere è il tanto discusso MES,

tematica che spacca le forze politiche italiane in modo trasversale con inedite aggregazioni tra partiti che magari si trovano in Parlamento dall’altra parte della barricata. A dire basta a questo tipo di strumenti decisi a Bruxelles e dintorni è stavolta Miltiadis Varvitsiotis, viceministro degli Esteri della Grecia che, in una intervista concessa al Tg2, ha spiegato i motivo per cui, a suo dire, il MES rappresenterebbe per lui una riedizione della Troika che il popolo ellenico ben conosce. “Non vogliamo questo prestito che per noi significa un memorandum” (ovvero le misure strutturali necessarie per ridurre l’indebitamento) ha detto ai microfoni del telegiornale diretto da Gennaro Sangiuliano il ministro greco con delega alle Politiche UE, tornando sulla decisione del suo Paese di non chiedere un nuovo prestito facendo ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilità.

MES, LA GRECIA DICE NO: “BASTA TROIKA E CONTROLLO RIGOROSO DEI CONTI…”

Insomma, non solo in Italia ma anche negli altri Paesi dell’Unione il dibattito sul MES vede emergere posizioni anche fortemente antitetiche tra di loro e nel caso della Grecia la linea di credito pensata per coprire almeno le spese sanitarie a seguito dell’emergenza COvid-19, e che pure non sembrerebbe prevedere delle condizionalità, non sembra riscuotere i favori del governo di Atene; questo anche se va detto che i titoli di stato decennali greci pagano un interesse che si aggira attorno all’1%, laddove invece i prestiti del MES costerebbero circa lo 0,1%. Ad ogni modo la presa di posizione di Varvitsiotis arriva peraltro dopo le nette parole del premier ellenico Kyriakos Mitsotakis che di recente aveva detto ‘niet’ a un nuovo ricorso ai prestiti europei ricordando che “abbiamo già fatto tanti sacrifici in cambio di questi e ora non vogliamo più saperne di una supervisione rigorosa dei nostri conti”, ricordando che si tratta anche di misure impopolari.



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