Lo zaconico o tsaconico (greco: Τσακωνική διάλεκτος o Τσακώνικα) è un dialetto del greco moderno, parlato oggigiorno in una piccola regione (la Zaconia) del Peloponneso orientale, tra Agios Andreas e Leonidio. Probabilmente, in passato, l'areale era più esteso.
La lingua ha preso il nome da coloro che la parlavano, gli Zaconi, il cui nome deriverebbe dal termine exo-Laconia cioè quelli che stanno fuori dalla Laconia.
Lo zaconico esiste in tre varianti dialettali: lo zaconico settentrionale (in regressione), lo zaconico meridionale (il più parlato) e lo zaconico della Propontide (che non ha più parlanti dagli anni '70).
Lo zaconico meridionale tende ad eliminare il lambda (λ) ad inizio di parola, ad esempio lo zaconico settentrionale ha λόγο (lógo, "discorso"), mentre quello meridionale ha όγο (ógo).
Lo zaconico della Propontide, invece, è la forma più simile al greco moderno e in particolare al moderno dialetto di Tracia, ad esempio laddove per la parola "acqua" lo zaconico settentrionale e meridionale hanno ύο (ýo), derivato dal greco antico ὕδωρ (hýdōr), lo zaconico della Propontide ha νερέ (neré) e il greco moderno νερό (neró).
Lo zaconico meridionale tende ad eliminare il lambda (λ) ad inizio di parola, ad esempio lo zaconico settentrionale ha λόγο (lógo, "discorso"), mentre quello meridionale ha όγο (ógo).
Lo zaconico della Propontide, invece, è la forma più simile al greco moderno e in particolare al moderno dialetto di Tracia, ad esempio laddove per la parola "acqua" lo zaconico settentrionale e meridionale hanno ύο (ýo), derivato dal greco antico ὕδωρ (hýdōr), lo zaconico della Propontide ha νερέ (neré) e il greco moderno νερό (neró).
Origini e caratteristiche
La caratteristica peculiare dello zaconico è il fatto di essere l'unico dialetto greco non discendente dalla koinè, il greco ellenistico di derivazione ionico-attica che, a partire dal III sec. a.C., ha sostituito le lingue dell'epoca classica. Si ritiene che lo zaconico discenda dal dialetto dorico, del quale conserva alcune caratteristiche. Si forniscono qui di seguito alcune particolarità di questa lingua.
- Mantenimento della vocale lunga ᾱ [aː], presente in dorico, ma che in attico è diventata η [ɛː] in quasi tutte le posizioni: es. greco ημέρα (pronunciato [hɛːˈmera] in attico e [iˈmεra] in neogreco), zaconico αμέρα [aˈmεra] giorno.
- Passaggio da ω [ɔː] a ου [u].
- Conservazione sporadica dell'antico fonema /w/, che in epoca antica era rappresentato con un simbolo detto digamma (ϝ) nei dialetti in cui si era conservato. Il suono /w/, passato a /v/, si è conservato in diverse parole e viene scritto oggi con la lettera β: es. βάννε [ˈvane] "pecora", derivato dal dorico ϝαμνός [wamˈnos] (ἀμνός nel dialetto attico).
- Conservazione molti termini arcaici: es. θύου, derivato dal greco antico θύων, participio presente del verbo θύω («sacrificare»; «uccidere»), mentre il greco moderno ha σφάζω.
- Conservazione dell'originario suono [u] dello υ greco, che nel dialetto attico si è evoluto in [y], passato poi a [i] in greco moderno, mentre è rimasto [u] in dorico: ad esempio, lo zaconico ha σούκα [ˈsuka], parola derivata dal greco antico σῦκα, pronunciato [ˈsuːka] in dorico, mentre il greco moderno standard ha σύκα, pronunciato [ˈsika] («fichi»).
Grammatica
Lo zaconico è andato incontro ad una grande semplificazione morfologica: la flessione nominale è, infatti, minima. Lo zaconico, similmente a quanto accade nel dialetto greco di Calabria, tende ad eliminare il -ς finale del nominativo maschile singolare, conservato dal greco moderno standard: un buon esempio è costituito dalla parola zaconica λόγο ("discorso"), mentre il greco moderno ha λόγος. Il presente e l'imperfetto indicativo sono formati con una perifrasi composta dal participio presente del verbo preceduto dal verbo essere. Tale perifrasi è attestata nel greco del periodo postclassico e romano, ma non nel greco moderno. In zaconico avremo, così, le forme ενεί αού («Io dico») e έμα αού («io dicevo»), derivate dal greco εἰμί λαλών ἤμην λαλών, mentre il greco moderno ha, rispettivamente, le forme λαλώ e λαλούσα .
L'antico presente indicativo del greco classico, conservatosi in neogreco, non sopravvive in zaconico con questa funzione: si è già detto, infatti, che il presente indicativo è perifrastico. L'antico presente della maggior parte dei verbi ha, invece, assunto oggi la funzione del congiuntivo. L'unica eccezione è costituita dal verbo «essere» (ενεί), il cui presente indicativo ha conservato la sua antica funzione[3]. Sono riportate sotto, in ordine, la coniugazione del verbo ενεί al presente e imperfetto indicativo e quella del verbo portare (φερήκου) al congiuntivo presente. Il congiuntivo presente del verbo ενεί è identico all'indicativo presente.
Indicativo presente | Indicativo imperfetto | Congiuntivo presente |
---|---|---|
ενεί/έμι (enì/èmi) = io sono | έμα (èma) = io ero | (να) φερήκου (ferìkou) = che io porti |
εσεί/έσσι (esì/èssi) = tu sei | έσα (èsa) = tu eri | (να) φερήκερε (ferìkere) = che tu porti |
έννι (èni) = egli è | έκη (èki) = egli era | (να) φερήκει (ferìki) = che egli porti |
έμε (ème) = noi siamo | έμαϊ (èmai) = noi eravamo | (να) φερήκομε (ferìkome) = che noi portiamo |
έτε (ète) = voi siete | έταϊ (ètai)= voi eravate | (να) φερήκετε (ferìkete) = che voi portiate |
είνι (ìni) = essi sono | ήγκι/ ήγκιαϊ (ìngi/ ìngiai) = essi erano | (να) φερήκωï (ferìkoi) = che essi portino |
- Lo zaconico conserva alcune delle antiche desinenze attive nella coniugazione del verbo «essere» al presente indicativo, seppur modificatesi durante i secoli. Il greco moderno standard impiega, invece, le desinenze medio-passive.
- La terza persona singolare έννι è derivata dal greco antico ἔνι. Questo termine era in origine una forma alternativa della preposizione ἐν («in»), ma già in greco classico poteva assumere un valore verbale, con il significato di «c'è». In greco medievale, ἔνι iniziò a essere impiegato come terza persona singolare del verbo «essere» e quest'uso si è mantenuto in zaconico[5]. Un fenomeno identico si è verificato nella lingua pontica, dove la forma medievale ἔνι ha dato origine a έν, utilizzato anche qui come terza persona singolare del verbo «essere».
Il Padre nostro in zaconicο
Αφένγα νάμου π' έσσι στον ουρανέ.
Να έννι αγιαστέ το ονουμάντι,
να μόλει α βασιλειάντι,
να ναθεί το θελημάντι,
σαν τον ουρανέ, έζρου ζε ταν ιγή.
Τον άνθε τον επιούσιον δι νάμου νι σάμερε,
ζε άφε νάμου τα χρίε νάμου
καθού ζε ενύ εμμαφίντε του χρεουφελίτε νάμου,
ζε μη να φερίζερε εμούνανε 'σ' κειρασμόν,
αλλά ελευθέρου νάμου από το κακόν.
Afènga namu p'èssi ston uranè
Na ènni aijastè to onumàndi
Na mòli a vasigliàndi
Na nathì to thelemàndi
San ton uranè, èzru ze tan ijì
Ton ànthe ton epiùsion dhi nàmu ni sàmere
Ze àfe nàmu ta khrìe nàmu
Kathù ze enù emmafìnde tu khreufilìte nàmu
Ze me na ferìzere emùnane 's' kirasmòn
Allà elefthèru namu apò to kakòn
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