Τρίτη 4 Δεκεμβρίου 2018

Nell’Antica Roma, 5 Dicembre: Faunalia Rustica, Feste in onore di Fauno

 Nell’Antica Roma, 5 Dicembre: Faunalia Rustica, Feste in onore di Fauno

Pan-Fauno, Dio fondamentale, forse il più arcaico o uno degli dei più antichi, quello del timor panico, ma anche del fremito che si avverte nel selvaggio e nel selvatico, con i rumori e gli odori, nel più profondo dei boschi!

di Daniele Vanni, 4 dicembre  2018

Faunalia Rustica

Nel calendario romano il 5 dicembre, primo giorno delle Faunalia Rustica, era indicato come dies faustus, giorno di buon auspicio, particolarmente adatto allo svolgimento di attività commerciali.

Le Faunalia erano le feste celebrate in onore del dio Fauno, divinità italica di origine pastorale, Secondo la tradizione il culto fu introdotto a Roma da Numa Pompilio.

Le Faunalia Rustica, si svolgevano dal 5 all’8 dicembre, le celebrazioni avevano luogo all’aperto e nei campi, da antiche are si alzavano spettacolari fuochi propiziatori, durante le ore notturne, si tenevano danze, utilizzata anche dai sacerdoti di Salii attraverso la quale si invocava la protezione di Fauno sul raccolto e sul bestiame. In suo onore si sacrificava un capretto o una pecora, le cui carni erano distribuite ai presenti. Naturalmente non mancava il vino.

Persefone

Persefone, (dal greco Περσεφόνη, Persephónē), detta anche Kore, (dal greco Κόρη, giovinetta), Kora,o Core, è una figura della mitologia greca, fondamentale nei Misteri Eleusini, entrata in quella romana come Proserpina.

Essendo la sposa di Ade, era la dea minore degli Inferi e regina dell’oltretomba.Secondo il mito principale, nei 6 mesi dell’anno (Autunno ed Inverno) che passava nel regno dei morti, Persefone svolgeva la stessa funzione del suo consorte Ade, cioè governare su tutta l’oltretomba; negli altri 6 mesi (Primavera ed Estate) ella andava sulla Terra da sua madre Demetra, facendo rifiorire la terra al suo passaggio. Qui Persefone non svolgeva alcuna funzione.

Il mito di Persefone

Persefone era figlia di Demetra e Zeus, o, secondo un’altra leggenda, di Zeus e della dea omonima del fiume infernale Stige.

Vennerapita dallo zio Ade, dio dell’oltretomba, che la portò negli inferi per sposarla ancora fanciulla contro la sua volontà.

Fu madre di Agrianome.

Una volta negli inferi le venne offerta della frutta, ed ella mangiò senza appetito solo sei semi di melograno. Persefone ignorava però che chi mangia i frutti degli inferi è costretto a rimanervi per l’eternità.

Il significato del melograno può certamente rimandare al matrimonio e alla fertilità. Secondo altre interpretazioni, il frutto che nel mito stabilisce il contatto con il regno dell’oltretomba non è il melograno ma, a causa delle sue virtù narcotiche e psicotrope, l’oppio, la cui capsula è peraltro straordinariamente simile (tranne le dimensioni, che sono più ridotte) proprio al frutto del melograno.

La madre Demetra, dea della fertilità e dell’agricoltura, che prima di questo episodio procurava agli uomini interi anni di bel tempo e di raccolti, reagì disperata al rapimento, impedendo la crescita delle messi, scatenando un inverno duro che sembrava non avere mai fine. Con l’intervento di Zeus si arrivò ad un accordo, per cui, visto che Persefone non aveva mangiato un frutto intero, sarebbe rimasta nell’oltretomba solo per un numero di mesi equivalente al numero di semi da lei mangiati, potendo così trascorrere con la madre il resto dell’anno. Così Persefone avrebbe trascorso sei mesi con il marito negli inferi e sei mesi con la madre sulla terra. Demetra allora accoglieva con gioia il periodico ritorno di Persefone sulla Terra, facendo rifiorire la natura in primavera ed in estate. La rappresentazione del suo ritorno in terra era locata presso i prati di Vibo Valentia, celebri per i fiori dai colori sgargianti e per la loro bellezza, e ciò è testimoniato anche dalle numerosissime statuette greche ritrovate nel territorio Vibonese.

Un elemento supplementare della vicenda consiste nel fatto che Demetra non seppe che la figlia aveva mangiato il melograno, finché non fu un giardiniere dell’Oltretomba, Ascalafo,a rivelarlo: vuoi che Persefone avesse mangiato di sua volontà, vuoi che fosse stata persuasa da Ade, questo modo Demetra perse la possibilità di avere la figlia con sé tutto il tempo, e castigò Ascalafo trasformandolo in un barbagianni.

Questo era un mito che esaltava insieme il valore del matrimonio (sei mesi a fianco dello sposo), la fertilità della Natura (risveglio primaverile), la rinascita e il rinnovare la vita dopo la morte, motivi questi che rendevano la dea Persefone particolarmente popolare e venerata.

Persefone contese ad Afrodite il bell’Adone, riuscendo a trascinare la questione fin davanti a Zeus che preferì, per non scontentare nessuno, affidarlo separatamente ad entrambe, in modo simile alla permanenza di Persefone stessa che era divisa fra gli dèi dell’Olimpo e l’Ade.

Una tradizione diversa faceva di Persefone una figlia di Zeus e di Stige. Fu generata dal dio dopo la sconfitta dei Titani, avvenuta durante la Titanomachia. Nella mitologia romana a Persefone corrispondeva Proserpina e a sua madre Demetra la dea Cerere, al cui culto era preposto un flamine minore.

Vi sono comunque altre versioni della leggenda. Secondo una di queste è Ecate a salvare Persefone. Una delle più diffuse dice che Persefone non fu indotta a mangiare i sei semi con l’inganno, ma lo fece volontariamente perché si era affezionata ad Ade.

Il mito di Persefone trae alcuni suoi elementi dalla mitologia mesopotamica, riassunti ne: “La discesa di Inanna”, la quale si conclude raccontando di come Dumuzi (dio della vegetazione) debba giacere sei mesi l’anno con Inanna (che rappresenta, oltre l’amore e la guerra, anche la potenza della generazione) e per sei mesi negli Inferi con la sorella “oscura” di lei, Ereshkigal (che rappresenta, oltre la terra, il letargo invernale, associato simbolicamente alla morte).

Archeologia

Il mito di Demetra e Kore è strettamente legato al territorio di Ennaed in particolare alla sua frazione del lago Pergusa, e a tutta la sua provincia. Diversi santuari di notevole importanza sono stati ritrovati all’interno dell’area archeologica di Morgantina, sita in Aidone, mentre a Enna si può ammirare la “Rocca di Cerere”.

Testimonianze magno-greche del culto dedicato a Persefone sono oggi i molti reperti rinvenuti nell’area di Reggio Calabria, soprattutto presso gli scavi di Locri Epizefiri, dei quali uno smisurato numero di Pinakes (tavolette votive in terracotta)è custodito al Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria; mentre la magnifica “Statua di Persefone” esposta oggi all’Altes Museum di Berlino, fu rinvenuta in Via Duca degli Abruzzi n.73 a Taranto e trafugata da Taranto nel 1912, e dopo varie vicissitudini fu acquistata dal Governo tedesco per un milione di marchi. Un’ulteriore testimonianza del culto di Persefone ci viene da Oria, dove fu presente ed attivo dal VI secolo a.C. fino all’età romana, un importante santuario (oggi sito presso Monte Papalucio), dedicato alle divinità Demetra e Persefone. Qui vi si svolgevano culti in grotta legati alla fertilità. Gli scavi archeologici svolti negli anni ottanta, infatti, hanno evidenziato numerosi resti composti di maialini (legati alle due divinità) e di melograno. Inoltre, a sottolineare l’importanza del santuario, sono state rinvenute monete di gran parte della Magna Grecia, e migliaia di vasi accumulatisi nel corso dei secoli come deposito votivo lungo il fianco della collina. Di particolare interesse sono alcuni vasetti miniaturistici ed alcune statuette raffiguranti colombe e maialini sacri alle due divinità cui era dedicato il luogo di culto. Altri esempi di ritrovamenti della Kore si hanno a Gela, una delle colonie greche di Sicilia. Diversi reperti sono custoditi presso il Museo Regionale di Gela, tra i più ricchi presenti nell’Isola.

Satiro

Il satiro (in greco σάτυρος, sàtyros; al plurale σάτυροι, sátyroi) è una figura mitica maschile, compagna di Pan e Dioniso, che abita boschi e montagne.

È una divinità minore, personificazione della fertilità e della forza vitale della natura, connessa con il culto dionisiaco.Nell’antica religione romana è noto come “fauno“.

I satiri sono generalmente raffigurati come esseri umani barbuti con corna, coda e zampe di capra.Il loro aspetto perse gradualmente, con il passare del tempo, qualche attributo animale.

Vengono rappresentati come esseri lascivi, spesso dediti al vino, a danzare con le ninfe ed a suonare il flauto. Talvolta sono raffigurati con una vistosa erezione.

Il loro principale esponente era Sileno, una divinità minore associata (come Hermes e Priapo) alla fertilità.

Nella Mitologia greca, si narra che i satiri fossero grandi suonatori di flauto che incantavano con la loro musica. Questo strumento fu invenzione della dea Atena, la quale lo gettò, indispettita dal modo in cui le deformava le guance mentre lo suonava. Il satiro Marsia lo raccolse (e fu percosso dalla dea per il suo gesto irrispettoso) e cominciò a suonarlo con incredibile maestria, tanto che, pretendendo di essere in grado di suonare una musica “divina”, sfidò Apollo (in altre versioni fu invece il dio a sfidare Marsia, geloso della sua bravura) il quale gli promise di farlo salire con sé sull’Olimpo, se la sua musica fosse stata migliore della propria, mentre in caso contrario il satiro sarebbe stato punito.Le Muse avrebbero decretato il vincitore. Il satiro, però, non riuscì a reggere la sfida, quando Apollo cominciò ad accompagnare la lira con il canto, poiché non poteva cantare, mentre suonava il flauto. Trionfante, il dio dispose del satiro e lo scorticò vivo in presenza delle Muse.

Di questo mito parlano molte fonti classiche tra cui Ovidio, nel Libro VI delle Metamorfosi, ed esso è citato anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri.

Pan

Il Dio Pan, “il Tutto” (Fauno nella mitologia romana) era, nella mitologia greca, una divinità non olimpica, mezzo uomo e mezzo caprone. Era solitamente riconosciuto come figlio del dio Ermes e della ninfa Driope.

Etimologia: origine e morte

Il nome Πάν deriva dal greco paein, cioè “pascolare”, e infatti Pan era il dio pastore, il dio della campagna, delle selve e dei pascoli.

Il nome è però simile a πᾶν, che significa “tutto”!

La figura mitologica ricalca l’eroe solare vedico Pushan, il cui nome, dal verbo sanscrito pūṣyati, significherebbe “colui che fa prosperare”.

Inoltre è assimilato a Phanes (Φάνης, da φαίνω phainō , “che porta la luce”), altro nome di Protogonos (Πρωτογόνος, “primo nato”).

In alcuni miti infatti, è descritto come il più antico degli Olimpi, se è vero che aveva bevuto con Zeus il latte da Amaltea, allevato i cani di Artemide e insegnato l’arte divinatoria ad Apollo.

Venne inoltre notoriamente associato a Fauno, versione maschile (poi figlio, fratello o marito, a seconda del mito) di Fauna, e come tale era lo spirito di tutte le creature naturali, più tardi legato anche alla foresta (della quale invece il dio era Silvanus), all’abisso, al profondo.

Dal suo nome deriva il termine timor panico, poiché il dio si adirava con chi lo disturbasse emettendo urla terrificanti, provocando così una incontrollata paura, il panico, appunto.

Alcuni racconti ci dicono che lo stesso Pan venne visto fuggire per la paura da lui stesso provocata. Un po’ come avviene, appunto, nelle crisi e attacchi di panico!

Ma il mito più famoso legato a questa caratteristica è la titanomachia, durante la quale Pan salva gli Olimpi emettendo un urlo e facendo fuggire Delfine.

Plutarco nel suo De defectu oraculorum racconta di come Pan sia stato l’unico dio a morire.

Durante il regno di Tiberio (14–37), la notizia della sua morte venne rivelata a tale Tamo (Thamus), un mercante fenicio che sulla sua nave diretta in Italia sentì gridare, dalle rive di Paxos: “Tamo, quando arrivi a Palodes annuncia a tutti che il grande dio Pan è morto!”. Gli studiosi si dividono tra il significato storico e quello allegorico. Secondo Robert Graves, per esempio, il grido non fu Thamous, Pan ho megas tethneke, “Tamo, il grande dio Pan è morto”, ma Tammuz Panmegas tethneke, “L’onnipresente Tammuz è morto”, cioè il dio babilonese della natura, a indicare così la fine di un’oscura era politeista, di cui aver “timor panico”, e l’inizio di un nuovo mondo sotto la luce di Cristo, morto appunto sotto l’impero di Tiberio (così Eusebio di Cesarea nel suo Praeparatio Evangelica).

Certo è che il vitalismo “panico”, il “selvatico” che c’è nell’uomo, essere in fondo non molto diverso dagli altri animali, l’inno anuale alla fecondità, alla rinascita, alla fecondità e procreazione…le sue danze, le sue capriole, i suoi balzi, ripetuti dai Lupercali! le sue musiche erotiche fino allo spasimo…tutto veniva spento dal Cristianesimo!

Iconografia

La genealogia di Pan è controversa.

La più accreditata è quella dell’Inno omerico, in cui vengono indicati quali genitori il dio Ermes e la ninfa Driope, ninfa della quercia.

 È un Dio potente e selvaggio, esteriormente è raffigurato con gambe e corna caprine, con zampe irsute e zoccoli, mentre il busto è umano, il volto barbuto e dall’espressione terribile. Vaga per i boschi, spesso per inseguire le ninfe, mentre suona e danza. È molto agile, rapido nella corsa ed imbattibile nel salto.

È principalmente indicato come dio Signore dei campi e delle selve nell’ora meridiana, protegge le greggi e gli armenti, gli sono sacre le cime dei monti. Pen, Alpi, Appennini, Apuane…

Tradizionalmente, indossa una nebris, una pelle di cerbiatto.

L’unione sessuale di Pan con una capra

La leggenda vuole che la ninfa Driope sia fuggita terrorizzata dall’aspetto deforme del figlio, mentre il dio Ermes lo raccolse e, avvoltolo “amorevolmente” in una pelle di lepre, lo portò sull’Olimpo, per far divertire gli dei, causando così l’ilarità di Dioniso.

Un altro mito lo vuole figlio di Penelope e di tutti i suoi pretendenti, con cui avrebbe avuto rapporti in attesa del marito.

Secondo altre fonti, era figlio di un amorazzo tra Zeus e la ninfa Callisto dal quale vennero alla luce Pan ed Arcade.

In un’altra fonte lo si ritiene nato da Zeus ed Ybris.

Un’altra versione, sostenuta da Igino, afferma che Zeus, dopo essersi unito ad una capra di nome Beroe, le diede un figlio, il dio Egipan, ovvero la forma caprina di Pan.

Un suo mito narra del suo amore per la ninfa Eco dal quale nacquero due figlie, Iambe e Iunce.

Pan non viveva sull’Olimpo: era un dio terrestre amante delle selve, dei prati e delle montagne. Preferiva vagare per i monti d’Arcadia, dove pascolava le greggi e allevava le api.

Pan era un dio perennemente allegro, venerato ma anche temuto. Legato in modo viscerale alla natura ed ai piaceri della carne, Pan è l’unico dio con un mito sulla sua morte. La notizia fu diffusa da Tamo, un navigatore, e portò angoscia e disperazione nel mondo.

Pan e il Capricorno

Pan partecipò alla Titanomachia, avendo un ruolo fondamentale doveva scappare più veloce di tutti nella vittoria di Zeus su Tifone.

Tifone era un mostro che era nato da Gea e Tartaro, che volle vendicarsi della morte dei figli, i Giganti.

Quando tentò di conquistare il monte Olimpo, gli Dei fuggirono terrorizzati da questo mostro. Si recarono in Egitto, dove assunsero forme di animali per nascondersi meglio:

Zeus si fece ariete,

Afrodite pesce,

Apollo corvo,

Dioniso capra,

Era una vacca bianca,

Artemide un gatto,

Ares un cinghiale,

Ermes un ibis,

Pan trasformò solo la sua parte inferiore in un pesce e si nascose in un fiume.

Solo Atena non si nascose, e denigrando gli altri dei convinse il padre Zeus a scendere in battaglia contro il mostro. Nonostante il dio fosse armato, il mostro riuscì ad avere la meglio su di lui, e lo rinchiuse nella grotta dove Gea lo aveva generato. Con le sue Spire Tifone gli aveva reciso i tendini di mani e piedi, che aveva poi affidato a sua sorella Delfine, il cui corpo terminava con la coda di un serpente.

Il dio Pan spaventò questa creatura con un tremendo urlo, ed Ermes le sottrasse i tendini di Zeus.

Zeus recuperate le forze, ed i tendini, si lanciò su un carro trainato da cavalli alati contro Tifone, bersagliandolo di fulmini.

Zeus riuscì ad uccidere il mostro, e lo seppellì sotto il monte Etna, che da allora emette il fuoco causato da tutti i fulmini usati in battaglia, così come racconta lo Pseudo-Apollodoro.

Per ringraziare Pan, Zeus fece in modo che il suo aspetto fosse visibile in cielo. Così creò il Capricorno.

Caratteristiche

Dio dalle forti connotazioni sessuali – anche Pan infatti come Dionisio e Priapo era generalmente rappresentato con un grande fallo – recentemente Pan è stato indicato come il dio della masturbazione, da James Hillman, noto psicologo americano, che sostiene essere Pan l’inventore della sessualità non procreativa.

Infatti Pan, trovando difficoltà di accoppiamento a causa del suo aspetto, era solito esercitare la sua forza generatrice mediante la masturbazione, oltre che con la violenza sessuale.

Come Dio legato alla terra ed alla fertilità dei campi è legato alla Luna, ed alle forze della grande Madre. Fra i miti che lo accompagnano uno che lo vede seduttore di Selene, cui si è presentato nascondendo il pelo caprino sotto un vello bianco. La Dea non lo riconobbe e acconsentì all’unione. Pan è un dio generoso e bonario, sempre pronto ad aiutare quanti chiedono il suo aiuto.

Questo dio pagano, invce! e non a caso! sarebbe stato ripreso in seguito dalla Chiesa Cristiana, per utilizzare la sua immagine come iconografica di Satana!!!

Narra una leggenda che nell’età dell’Oro Pan giunse nel Lazio, dove venne ospitato dal dio Saturno.

In Grecia la presenza del dio viene collocata in Arcadia.

In Italia esiste una divinità che ha molte similitudini con la raffigurazione di Pan, è il dio Silvano.

Pan e le Ninfe

Pan è un dio con una forte connotazione sessuale, amava sia donne che uomini, e se non riusciva a possedere l’oggetto della sua passione si abbandonava all’onanismo.

Moltissimi racconti mitologici ci parlano di questo dio e del suo rapporto con le Ninfe che cercava di possedere. Tanto che queste si salvavano solo trasformandosi, anche se spesso non disdegnavano le attenzioni del dio.

Eco generò con lui Iunge e Iambe, per poi innamorarsi di Narciso e struggersi per lui, fino a diventare solo una voce.

Eufeme, nutrice delle muse, ebbe Croto, inventore degli applausi.

Il mito ci riporta il nome di altre di queste Ninfe: Pitis, Selene.

La più importante resta forse Siringa.

Pan e la ninfa Siringa

 Uno dei miti più famosi di Pan riguarda le origini del suo caratteristico strumento musicale. Siringa era una bellissima ninfa dell’acqua di Arcadia, figlia del dio dei fiumi Ladone.

Un giorno, di ritorno dalla caccia, incontrò Pan. Per sfuggire alle sue molestie, la ninfa scappò, senza ascoltare i complimenti del dio. Corse attraverso il bosco, fino a trovare un canneto e pregando si trasformò in una canna. Quando il vento soffiò attraverso le canne, si udì una melodia lamentosa. Il dio, ancora infatuato, non riuscendo a identificare in quale canna si era trasformata Siringa, ne prese alcune e ne tagliò sette pezzi di lunghezza decrescente (alcune versioni sostengono nove) e li unì uno di fianco all’altro. Creò così lo strumento musicale che portò il nome della sua amata Siringa.

Da allora Pan fu visto raramente senza di esso.


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