Κυριακή 12 Σεπτεμβρίου 2021

"Grecia 1970", una poesia di Giuseppe Ungaretti contro la dittatura dei colonelli

 


La celebre poesia che fu censurata ed espunta da “Vita d'un uomo. Tutte le poesie”, ultima raccolta pubblicata prima che il grande poeta morisse.

Il fatto “curioso” è che pure nella riedizione del 2005 per “I Meridiani” della Mondadori questa bellissima poesia contro la Grecia dei colonnelli risultava mancante.

Grecia 1970

Atene, Grecia, segreto, vertice
di favola incastonata dentro il topazio che l’inanella.

Sul proprio azzurro insorta
in minimi
limiti, per essere misura, libertà
della misura, libertà di legge che
a sé liberi legge.

Sino dal mare,
dal cielo al mare,
liberi l’umano vertice,
le legge di libertà, dal mare al cielo.

Non saresti più, Atene, Grecia,
che tana di dissennati? Che
terra della dismisura, Atene,
mia, Atene occhi aperti,
che a chi aspirava all’umana
dignità, apriva gli occhi

Ora, mostruosa accecheresti?
Chi ti ha ridotta a tale,
quali mostri?

ΕΛΛΑΔΑ 1970

Αθήνα, Ελλάδα, μυστικό, παραμυθιού
άκρη δεμένου μες στο τοπάζι που το κυκλώνει.
Χίμηξες τ' αψήλου πάνω στο δικό σου το γαλάζιο
σε όρους
λιγοστούς, μετρήτης για να γίνεις, μέτρησης
λευτεριά, νόμων
λευτεριά προς εαυτούς νόμους
ν' απελευθερώνουν.

Απ'τα πελάγη
κι ως στον ουρανό από την θάλασσα
τ'ανθρώπινην απελευθερώνεις την κορφή,
της λευτεριάς τον νόμον, ως στον ουρανό από την θάλασσα.

Μήπως γίνατε πια, Αθήνα, Ελλάδα,
λιμέρι τολμηρών; Υπερβολής η χώρα
Αθήνα μου εσύ,
Αθήνα μου ανοιχτομάτισσα,
π'όσων επιθυμούσαν τ'ανθρώπινην αξίαν
άνοιγες τα μάτια τους;

Μήπως τυφλώνεις τώρα τέρας;
Ποιός όμοιαν σε κατάντησε,
ποιά τέρατα;


“I Meridiani di Mondadori dedicano un volume a tutte le poesie del grande letterato. Ma ne manca una: i versi di rivolta civile scritti nel 1969 contro il golpe dei colonnelli greci, con il titolo "Grecia 1970"
Nell’edizione per i Meridiani è scomparsa una poesia. La pubblichiamo noi

Quel libro di Ungaretti è incompleto mancano i versi contro i colonnelli greci
di Giorgio Frasca Polara

C'è una piccola ma significativa bugìa nel titolo del pur splendido volume dei Meridiani mondadoriani dedicato a Giuseppe Ungaretti e riproposto in queste settimane nelle edicole a prezzo assai contenuto, come allegato ad un settimanale. Dice quel titolo: Vita d'un uomo - Tutte le poesie. Proprio tutte no: ne manca almeno una, Grecia 1970 scritta di getto contro il golpe dei colonnelli fascisti. E può valer la pena di raccontare la storia di questa poesia e di questa censura.
La storia comincia dunque nell'avanzato autunno del 1969 quando, nel quadro di una campagna di solidarietà promossa dopo il colpo di stato dei colonnelli greci, il pittore Pietro Dorazio, instancabile sperimentatore e uomo di forti sentimenti civili, chiede a Ungaretti una poesia da legare ad una cartella di nove serigrafie a colori che verrà venduta per aiutare gli antifascisti esuli da Atene. Il poeta accetta con entusiasmo: non dimenticava mai di essere uomo del suo tempo. E butta giù, quasi s'impeto, Grecia 1970, disperata elegia per il paese allora oppresso da una feroce dittatura. La cartella vede la luce ed è presentata il 27 gennaio 1970 alla libreria romana dell'Oca dove è lo stesso Ungaretti a declamare la sua lirica alla «Atene mia oppressa».
Quella sera stessa Ungaretti fornisce a Dario Micacchi, indimenticato critico d'arte dell'Unità (che ne riferisce sul giornale), una limpida chiave di lettura di quei suoi versi scritti quasi di getto. Lo fa col ricordare anzitutto che cosa la Grecia è stata storicamente per l'umanità: «L'aspirazione degli uomini verso ciò che rappresenta civiltà è nata in quel primo luogo-spirito di libertà che è la Grecia. Nessun altro paese del mondo, in quei secoli lontani, sapeva ancora che cosa fosse la libertà. La Grecia lo sapeva, e lo sapeva in segni che durano ancora per dire agli uomini che la libertà è tutto, è tutto se si vuole essere uomini. E lo fa anche per trarre una lezione alta di moralità dagli eventi nell'Atene di tanti secoli dopo». Poi, con l'accento più appassionato: «Bisogna stimolare i giovani a non avere paura. La paura è lo stato d'animo che determina le peggiori conseguenze. Basta che s'insinui la paura perché un popolo perda la libertà. Abbiate paura della paura».

Per Ungaretti è il canto del cigno. Settantaduenne, il poeta morirà improvvisamente quattro mesi dopo, e nel frattempo avrà messo mano a penna solo ancora una volta, la notte del capodanno '70, per comporre L'impietrito e il velluto. Ma, a differenza di quest'ultima lirica, raccolta dopo la morte del poeta nella sua opera omnia, la maledizione contro l'Atene «tana di dissennati» avrà - ha tuttora - una vita strana, difficile, emarginata: tant'è che non comparirà mai - neppure in questa nuova edizione nei Meridiani - nella raccolta di "tutte" le sue poesie. E se il movente (comunque sempre sottaciuto o tacitamente negato) dell'esclusione di Grecia 1970 dalla postuma raccolta mondadoriana, e da tutte le successive sue ristampe sino a quella ora in edicola, è dato dall'esser, quei versi, dettati da una "occasione", appare ben strano il discrimine che esclude deliberatamente dal mosaico ungarettiano quella sola tessera, forse piccola ma con tanta storia in sé, con tanti stimoli politico-civili e tanti riferimenti per la complessiva opera del poeta. (A proposito di riferimenti: pare evidente che nella sua lirica contro i colonnelli Ungaretti abbia tenuto presente come archetipo il primo canto All'Italia di Giacomo Leopardi. Dove il remoto «Chi la ridusse a tale?» è mutato in un prossimo «Chi ti ha ridotto a tale?». Del resto un altro grande poeta italiano, Umberto Saba, si gloriava, con umiltà e grande amore per i classici, che «non c'è nel mio Canzoniere un solo verso che sia interamente mio»...) Senza contare che un capitolo di Vita d'un uomo è dedicato proprio alle Poesie disperse: quale più adatto contenitore per l'elegìa sulla Grecia, che comunque era già nota ai critici e non poteva dunque essere sfuggita a Leone Piccioni, attento curatore dell'opera omnia di Ungaretti.

L'appassionato canto ungarettiano era infatti apparso già molti anni fa in un libretto di Filippo Maria Pontani, Fortuna greca di Ungaretti, dove l'illustre grecista già notava trattarsi di «una poesia sconosciuta a molti» ma non ai greci che, liquidato il regime dei colonnelli, l'esporranno nel museo ateniese dedicato proprio alla loro nuova resistenza. Mentre in Italia essa continuerà a girare solo tra amici e allievi di Ungaretti, nei seminari universitari sul maestro e nei convegni in cui di tanto in tanto ancora ricorrono e rinverdiscono il rammarico e gl'interrogativi sulla sorte ingiusta toccata a questa poesia.

Tra l'altro Elio Fiore, finissimo poeta troppo presto scomparso e allievo di Ungaretti, rivelò «una coincidenza che turba profondamente anche un altro grande e schivo poeta italiano, Mario Luzi»: «La stesura dell'elegia ha il tratto sicuro, è completa di titolo e porta la data del 12 dicembre 1969: lo stesso giorno della strage alla Banca dell'Agricoltura di Milano». E fu ancora Fiore a fornire la prova che Leone Piccioni sapeva dell'esistenza di quella poesia. Era il 1979, convegno su Ungaretti a Urbino. In quell'occasione Fiore invitò «l'attento curatore Leone Piccioni a dare a Grecia 1970 il giusto posto nell'opera di Ungaretti». Invito non raccolto. Commento dell'allievo: «Che questa poesia possa apparire ancora oggi troppo impegnata per lo stereotipo di Ungaretti? Che possa esser considerata altra rispetto ad un'immagine oleografica del poeta dell'Allegria?», si chiese Elio staccando da un album la copia del manoscritto della poesia per consentirmi di pubblicarla e di raccontarne la storia sull'Unità nel 1993 e di regalare l'indomani a centinaia di migliaia di lettori un libricino dedicato ad alcune delle cose più importanti e significative del grande maestro dell'ermetismo, tra le quali c'era appunto quel che è tuttora una specie di samizdat.”


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