Τρίτη 19 Ιανουαρίου 2021

Cometa Rossa

 



Cometa Rossa è uno dei brani più “semplici” degli Area, ciò nonostante è di gran lunga uno dei più rappresentativi del gruppo. Semplice nella simmetria delle parti: apertura con tastiera synth (dal suono man mano più “lunare”)

orientaleggiante che calamita tutti gli altri strumenti in un crescendo e un’accelerazione tipici del progressive. All’improvviso il suono si placa, rallenta e lascia spazio a pochi accordi di organo (sorretto dal basso e con minima intrusione di chitarra), diffusi, che contribuiscono a creare un’atmosfera riccamente evocativa, in palese contrasto con il suono spaziale della prima parte. È qui che si compie il miracolo: Stratos comincia a cantare nello splendido isolamento della voce in uno spazio atemporale. Il canto è in greco e davvero sembra che il maestro della voce diventi un demiurgo, un punto nel quale il suono si condensa per poi essere emesso in una verticalità e profondità che collega cielo e terra ad un tempo. Nella splendida partitura per (quasi) sola voce è possibile apprezzare lo “strumento” di Stratos, in un’esecuzione da brividi che annulla qualsiasi melodia per far posto ad un grumo di articolazioni foniche che hanno del miracoloso. La tecnica di Stratos è impareggiabile, e non ostacola il godimento che se ne può trarre nell’ascolto. Nonostante l’atonalità cercata, la disposizione frammentata del canto, il tutto risulta avvolgente (nonché sconvolgente).

Il brano è l’apertura dell’album Caution Radiation Area, secondo della band, ma in questo caso ho optato per l’ascolto della versione dal vivo al Parco Lambro del ’75, confluito poi nel lavoro live Area(A)zione.

Appena poche note sul testo, la cui chiarità rende superflui i commenti. Farò qualche cenno ai sottotesti presenti (intrecciati alla musica, poiché il testo in questo caso è scritto per la musica e non può essere letto come un corpo autonomo e separato).*

La Cometa Rossa, simbolo del comunismo, è ibridata da riferimenti cristologici (l’incipit orientaleggiante della tastiera synth evocherebbe giustappunto l’avvento da Oriente della Cometa). Tuttavia lo spirito libertario e assolutamente adogmatico non tarda ad emergere dalle parole. I profeti che annuncerebbero la venuta di un’epoca migliore, tramite un uomo, sono latori fin da subito di un destino ineluttabile che imbriglia la scelta individuale del singolo essere umano. Da ciò l’esortazione alla cometa: “cuci la bocca ai profeti” e l’opposto “apri le mie labbra”. Allo stesso modo, un comunismo di stampo sovietico, rigido e monolitico, risulterebbe distante dal credo della canzone, non riconducibile a schemi precostituiti. “Lascia che sia io a trovare la libertà” è anche un monito che oggi andrebbe rimarcato, un invito a diffidare da quel “regime della visibilità” che crea falsi profeti (si veda un articolo apparso tempo fa su Dissidenze).

* Si legga questo passo di Northrop Frye: «la distinzione tra i generi è basata, in letteratura, sul radicale della presentazione. Le parole possono essere recitate di fronte ad uno spettatore, dette a un ascoltatore, cantate o declamate, scritte per un lettore […] il genere è determinato dal tipo di rapporto stabilito tra il poeta e il suo pubblico». N. Frye, Anatomy of Criticism, Princeton University Press, 1957; Anatomia della critica, [trad. di P. Rosa-Clot e S. Stratta] Einaudi, Torino, 2000, p. 328.

https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=9030&lang=it

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