Non bastavano le tasse imposte durante gli anni dell’austerity. Ora i cittadini greci rischiano di dover pagare un’imposta anche sulle operazioni di prelievo del denaro dal bancomat. Con la scusa della lotta alle transazioni in nero e all’evasione fiscale, le banche in Grecia hanno proposto l’introduzione di una tassa sui prelievi agli sportelli del bancomat.
Non bastavano le tasse imposte durante gli anni dell’austerity. Ora i cittadini greci rischiano di dover pagare un’imposta anche sulle operazioni di prelievo del denaro dal bancomat. Con la scusa della lotta alle transazioni in nero e all’evasione fiscale, le banche in Grecia hanno proposto l’introduzione di una tassa sui prelievi agli sportelli del bancomat.
In Grecia assistiamo in questi giorni all’ultimo capitolo della guerra al contante. Stando a quanto riportato dal sito Keep Talking Greece, i banchieri ellenici hanno proposto una tassa sulle operazioni di prelievo del denaro dal bancomat. Secondo i promotori di quest’iniziativa: “Tassare i prelievi al bancomat ridurrebbe drasticamente le operazioni in contanti e di conseguenza infliggerebbe un duro colpo all’economia sommersa”. La tesi non è nuova: i contanti possono essere trasferiti nell’economia in nero troppo facilmente e in grandi somme. I banchieri greci vorrebbero che le carte di credito e i bancomat venissero utilizzate per l’acquisto di beni di tutti i giorni, come un biglietto dell’autobus o un giornale all’edicola. Il pagamento elettronico viene spacciato come l’unica arma contro l’evasione fiscale. Molte sono state le critiche a questi disinteressati suggerimenti. Intanto una misura come questa in Grecia è assolutamente fuori luogo. In primis perché colpirebbe un paese dove il 30% della popolazione è a rischio di finire sotto la soglia della povertà. Inoltre la Repubblica Ellenica potrebbe anche rivedere La fiscalità del settore armatoriale.
Gli armatori quindi è bene che mettano mano al loro portafoglio, visto che contribuiscono all’erario in maniera risibile.
La proposta dei banchieri greci però trova un ampio seguito nella comunità finanziaria internazionale. È una tesi che mette d’accordo liberisti e comunisti. Nella guerra al contante troviamo dalla stessa parte della barricata il Fondo Monetario Internazionale e Milena Gabanelli. La cosa non stupisce visto che provvedimenti come questo sono mirati a colpire i risparmiatori e dunque a proletarizzare la classe media.
La tracciabilità delle operazioni bancarie non colpisce chi evade veramente le tasse. Infatti, le multinazionali finanziarie e produttive – nonché la grande organizzazione del crimine – hanno sufficienti mezzi “legali” per farlo: è sufficiente, senza andare chissà dove, spulciare i tesori delle banche e delle loro fondazioni tra il Lussemburgo, la Svizzera e il Liechtenstein. Ad esempio, gli Agnelli-Elkann ottennero uno “sconticino” come quello già ottenuto di fronte ad un’accertata evasione fiscale di ben novantotto miliardi. Hanno sanato il tutto con 2,5 miliardi di euro. Eppure la lotta al denaro contante è un chiodo fisso per i banchieri, e per i loro camerieri al governo. L’obiettivo, però, come dicevamo, è un altro: scoraggiare la propensione al consumo della classe media.
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