Κυριακή 10 Μαΐου 2015

Eurozona, la moneta parallela in Grecia e Italia

Il fal­li­mento della Gre­cia è un pro­blema esclu­si­va­mente poli­
tico. Il debito greco è nelle mani della ex Troika (Bce, Euro­zona, Fmi) che potrebbe ristrutturare/tagliare il debito greco come vuole. La Bce potrebbe garan­tire tutto il denaro che vuole avendo il mono­po­lio dell’euro e potendo stam­pare moneta per coprire il debito greco — il 3% del debito euro­peo totale. Del resto la Gre­cia, con un debito pub­blico del 177% (rispetto al 130% prima della cura di auste­rità teu­to­nica) è già un paese fal­lito. Lo sanno tutti. Ed è fal­lito pro­prio a causa delle poli­ti­che impo­ste da Ue e Bce. Tutti sanno che la Gre­cia non può ono­rare i suoi debiti: ma ammet­terlo è poli­ti­ca­mente molto pericoloso.
Se Mer­kel, che è il deci­sore finale e di ultima istanza delle que­stioni euro­pee, deci­desse di ristrut­tu­rare il debito a Syriza – cioè a un governo socia­li­sta che ha deciso di difen­dere il suo paese e il suo popolo, a dif­fe­renza di tutti gli altri paesi euro­pei — dovrebbe con­fes­sare il fal­li­mento delle sue poli­ti­che di auste­rità di fronte a tutta l’Europa, al mondo e al suo elet­to­rato dome­stico. Meglio rovi­nare la Grecia.
Oltre­tutto i governi di destra, di cen­tro­si­ni­stra o socia­li­sti che hanno seguito le poli­ti­che tede­sche (taglio del wel­fare, della spesa pub­blica, del costo del lavoro, ecc) ver­reb­bero scon­fes­sati. I popoli si chie­de­reb­bero per­ché finora hanno subito sacri­fici inu­tili e con­tro­pro­du­centi, se poi un governo di sini­stra come quello della pic­cola Gre­cia (11 milioni di abi­tanti) rie­sce invece a imporre una svolta a una poli­tica tedesca/europea. Le forze di oppo­si­zione radi­cale come Pode­mos e M5Stelle ne trar­reb­bero grande vantaggio.
Se le trat­ta­tive tra euro­zona e Tsi­pras, come sem­bra, non andranno a buon fine, allora la Gre­cia non avrà più euro e sarà costretta a emet­tere un titolo IOU (I owe you, un titolo di debito), una moneta di emer­genza, paral­lela tem­po­ra­nea, pro­ba­bil­mente valida per pagare le tasse, ma sog­getta a forte sva­lu­ta­zione. Que­sta moneta ser­virà alla Gre­cia solo a dichia­rare fal­li­mento senza però uscire dall’euro. Sarà utile per garan­tire tem­po­ra­nea­mente liqui­dità interna senza però che il governo Tsi­pras sia costretto a stam­pare dracma, cioè senza abban­do­nare l’eurozona. A quel punto il cerino accesso pas­se­rebbe nelle mani di Fmi, Euro­zona, Bce. Dovranno deci­dere se final­mente ristrut­tu­rare il debito a uno stato fal­lito, come è indi­spen­sa­bile, o se invece dichia­rare la Gre­cia fuori dall’euro. I “cat­tivi” però sareb­bero loro, i governi dell’eurozona. A quel punto Tsi­pras potrebbe essere costretto suo mal­grado a stam­pare dracma ma non avrebbe la respon­sa­bi­lità della Gre­xit di fronte al mondo e al suo elettorato.
Com­ple­ta­mente diversa la situa­zione ita­liana: noi non siamo uno stato fal­lito, non siamo in crisi di liqui­dità e di insol­venza. E il pro­getto di moneta com­ple­men­tare all’euro pro­mosso in Ita­lia da alcuni eco­no­mi­sti ed intel­let­tuali (tra gli altri anche Luciano Gal­lino e chi scrive), è molto diverso da quello greco.
Per aumen­tare la domanda, stroz­zata dalla defla­zione impo­sta da Bru­xel­les e Ber­lino, e quindi per fare cre­scere l’economia, pre­ve­diamo che lo stato emetta a titolo gra­tuito Cer­ti­fi­cati di Cre­dito Fiscale per un importo pari in tre anni a 200 miliardi di euro.
A dif­fe­renza che in Gre­cia – e que­sta è una dif­fe­renza sostan­ziale — ovvia­mente tutti gli sti­pendi ver­reb­bero pagati in euro, e i Ccf, in quanto titoli nego­zia­bili e con­ver­ti­bili in euro, sareb­bero aggiun­tivi alla moneta unica, e non sosti­tu­tivi. I Ccf sono titoli sta­tali che danno luogo a uno sconto fiscale alla pari, ma solo due anni dopo la loro emis­sione. Sono per­fet­ta­mente legali secondo i trat­tati euro­pei. Quindi, come in Gre­cia, i Ccf per­met­te­reb­bero di creare liqui­dità e nuova moneta cir­co­lante senza abban­do­nare l’euro.
I 200 miliardi in Ccf ver­reb­bero asse­gnati gra­tui­ta­mente ai lavo­ra­tori in pro­por­zione inversa al red­dito, e anche alle aziende, in pro­por­zione al numero di occu­pati. I Ccf ver­reb­bero rapi­da­mente con­ver­titi in euro: le fami­glie potreb­bero fare ripar­tire i con­sumi e le aziende ritor­ne­reb­bero a lavo­rare e ad assu­mere. Gra­zie al mol­ti­pli­ca­tore sul red­dito, il Pil aumen­te­rebbe subito di parec­chi punti e i con­se­guenti ricavi fiscali copri­reb­bero il defi­cit pub­blico che altri­menti si cree­rebbe con i Ccf. Gra­zie alla cre­scita del Pil aumen­te­rebbe l’occupazione e diven­te­rebbe final­mente soste­ni­bile il peso del debito pubblico.
La pro­po­sta è sot­to­scritta anche da Bia­gio Bos­sone, Marco Cat­ta­neo, Ste­fano Sylos Labini, Maria Luisa Bianco, Mas­simo Costa, Ste­fano Luca­relli, Guido Ortona, Tonino Perna (moneta fiscale.it)

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