Πέμπτη 25 Μαρτίου 2021

IL RISORGIMENTO GRECO E LA CULTURA EUROPEA

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I primi moti risorgimentali italiani furono un fallimento: impreparazione, fretta, approssimazione, scarso o nessun legame con la popolazione da parte dei patrioti che avevano creato le prime società segrete della Carboneria. Non altrettanto quelli greci, iniziati nello stesso periodo.

Agostino Bagnato

L’organizzazione denominata «Φiλική Eταιρεία», Filike Etaireía, fondata nel 1814 e vagamente ispirata società segrete italiane, inglesi e francesi direttamente discendenti dalla Massoneria, nella Grecia sottoposta da secoli alla dominazione ottomana, aveva obiettivi patriottici e nazionalisti. In poco tempo riuscì ad avere una diffusa presenza nei territori occupati e ad esercitare una rilevante influenza sulla popolazione, anche per il sostegno del clero ortodosso. Il merito era della grande capacità dei greci di operare nel campo dei commerci marittimi e di essere presenti con proprie imprese commerciali in moltissimi paesi europei, dai quali avevano assorbito culture ed esperienze.

Il villaggio di Ambelakia sulle falde del monte Olimpo in Tessaglia, è giustamente famoso perché tra il 1770 e il 1811 ospitò un centro di produzione e di vendita dell’anilina, sostanza indispensabile per la tintura delle stoffe. Il villaggio era organizzato come una comunità di produzione, al pari delle seterie di San Leucio, tanto che si parla di Ambelakia come del primo esempio di cooperativa moderna, antecedente a quella fondata nel 1844 dai Probi pionieri di Rochdale in Inghilterra.

Gli sconvolgimenti napoleonici avevano lasciato tracce profonde tra le coscienze in tutti i paesi e i Greci avevano imparato che la libertà di commercio che i Turchi assicuravano da sempre, non poteva andare lontano nel tempo senza l’indipendenza e libertà della Patria. La Grecia libera e indipendente avrebbe garantito ai commercianti, ai marinai, agli agricoltori, ai professionisti di decidere del proprio destino. Non si trattava di una matura coscienza politica, ancora in via di formazione anche nelle coscienze più evolute dell’Europa occidentale, ma i rappresentanti della ricca borghesia commerciale greca avevano consapevolezza dei vantaggi che si sarebbero acquisiti liberandosi dalla sudditanza della Sublime Porta. I contatti con la Serenissima Repubblica di Venezia, che risalivano all’estinto Impero bizantino, erano molti stretti. Anche Ravenna, erede dell’antico Esarcato, con le sue memorie protocristiane, esercitava un’attrattiva notevole.

I traffici marittimi sull’Adriatico vedevano i Greci in prima fila. Armatori, marinai, pescatori assorbivano le nuove idee riguardanti la concezione dell’uomo moderno nella società post-napoleonica, il libero commercio e soprattutto il diritto dei popoli e delle nazioni di essere liberi e indipendenti da dominazioni antiche e recenti. Erano le idee dell’Illuminismo da una parte, del progresso economico e sociale dall’altra. Ma soprattutto erano i propositi della cultura romantica, i cui esponenti esercitavano una notevole influenza nella società europea. I Greci più progrediti sentivano il bisogno di stare al passo con i tempi e di superare oramai forme operative corsare e piratesche, tipiche della storia del Levante.

Da dove cominciare? Non era una scelta semplice decidere come compiere il primo passo. Alcune figure di greci fanarioti, abitanti del quartiere Fanar a Istanbul, dove si trovava anche la sede del patriarca ortodosso, erano molto influenti nella società del tempo. Ma lo erano ancora di più alcuni militari che avevano combattuto nell’esercito zarista contro Napoleone, a cominciare dal generale Alexandros Ypsilanti. Così come era famoso Theodoros Kolokotronis, strana figura di patriota, marinaio e pirata insieme, la cui flotta spadroneggiava nell’Egeo. Lo erano moltissimi mercanti sparsi per tutta Europa. E ancora intellettuali e uomini di cultura. E poi c’era un donna, tale Laskarina Bubulina, detta «Megali Kira», che possedeva una sua flotta di navigazione commerciale, i cui sentimenti patriottici erano noti. Mandò Mavroghenus, un’altra donna coraggiosa ed energica,  godeva la fiducia della popolazione. Alexandros Mavrokordatos e Theodoros Negri avevano una vasta cultura storica e giuridica, mantenendo rapporti con i principali centri commerciali, finanziari e culturali europei. Il diplomatico Yoannis Kapodistrias aveva svolto una intensa attività in Europa e godeva soprattutto della piena fiducia dello zar e nello stesso tempo aveva stretti rapporti con le comunità greche nelle principali città europee.

Alla Grecia guardavano con simpatia la Francia, l’Inghilterra, la Russia, tanti patrioti e intellettuali italiani. Non mancavano alcuni tedeschi che nutrivano sentimenti di amicizia per il popolo greco, erede dell’Ellade classica da cui è nata la civiltà occidentale, a cominciare da Johann Wolfgang Goethe, Johann Christoph Friedrich Schiller e Friedrich Hölderlin.

Mancava la scintilla. I Greci che risiedevano in Europa svolgevano una intensa campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e raccoglievano anche fondi per sostenere una eventuale insurrezione popolare che avrebbe richiesto l’acquisto di armi, munizioni e vettovagliamento. Il compito di raccogliere sottoscrizioni spettava ai membri della Filike Etaireia.

Il Peloponneso era il cuore della cospirazione e della trama insurrezionale. Molte isole dell’Egeo erano in grado di intervenire in una eventuale sommossa, sostenendo lo scontro navale con la potente flotta turca, alleata con quella egiziana al comando dell’albanese Mehmet Pascia che si era impadronito della terra dei faraoni con un’abile colpo militare. L’isola di Corfù era un centro di raccolta di molti esuli europei, tra cui numerosi italiani. Attilio ed Emilio Bandiera partiranno proprio da Corfù per l’avventura in Calabria nel 1844, finita tragicamente nel vallone di Rovito, anche per la delazione del catanzarese De Nobili, anch’egli a Corfù per sfuggire alla giustizia borbonica ordinaria. Le isole già possedimenti veneziani come Zante, la Zacinto di Ugo Foscolo, ospitavano a loro volta piccoli centri di cospirazione.

Ma era l’Egeo il crogiolo della rivolta.

LA RIVOLTA DEL 1770

Il primo moto insurrezionale si verificò nel 1770, al tempo della V° guerra russo-turca. La flotta russa del Baltico, al comando del conte Aleksej Grigor’evič Orlov (1737-1807), nel mese di febbraio di quell’anno, giunse nell’Egeo dopo avere disceso il mare del Nord e l’oceano Atlantico, entrando nel Mediterraneo. La flotta raggiunse il porto di Mani, nella parte meridionale del Peloponneso. La sola presenza delle navi russe spinse i capi villaggio a sollevarsi contro la dominazione ottomana. Circa 50 soldati russi restarono con i manioti per dare sostegno allo scontro con i turchi, mentre la flotta di diresse all’assedio di Koroni. Ma il dissidio tra Orlov e Yoannis Mavromichalis, detto ‘O Skilos, il cane, rese difficile l’impresa. Questi prese parte alla battaglia di Rizomylo, in Messenia, ma nonostante il suo comportamento abile e coraggioso, fu catturato dai turchi, torturato e ucciso.

L’isola di Creta si sollevò a sua volta sotto la guida di Yoannis Vlakhos (1722-1771), detto Daskalogiannis, ridando speranza di vittoria finale. I rivoltosi ottennero un importante successo nella battaglia navale di Çeşme. Ma la scarsa preparazione della rivolta, le incomprensioni con i russi, l’insufficiente adesione della popolazione fecero fallire il tentativo, nonostante numerosi atti di eroismo da parte degli insorti. Il trattato di Küçük Kaynarka del 21 luglio 1774 tra Russia e Turchia prevedeva l’indipendenza del Khanato di Crimea, ma nessuna misura a favore della Grecia.

La penisola che rappresentava i territori dell’antica Tauride, nel 1785 veniva annessa all’impero zarista, in seguito alle conquiste del principe Grigorij Aleksandrovič Potëmkin (1739-1791).

Quelle vicende, tuttavia, dimostravano che la Sublime Porta non era invincibile. Occorreva un’adeguata preparazione militare, il sostegno pieno della popolazione, non soltanto di quella abitante la Morea, il Peloponneso, le isole dell’Egeo e dello Ionio, ma soprattutto dei territori settentrionali che costituivano la parte più consistente della Grecia sottoposta alla dominazione ottomana e dove si trovavano le vestigia di Atene, Tebe, Salonicco, i monasteri del Monte Athos.

Intanto, la rivoluzione e l’indipendenza americana, con la conseguente creazione degli Stati Uniti d’America riverberavano anche sulle coscienze dei greci più attenti e colti, nuove idee e programmi su come organizzare il governo di una nazione.

La successiva rivoluzione francese dimostrava come fosse possibile abolire le strutture dell’ancien regime e creare forme di governo rappresentative di tutto il popolo, abolendo privilegi feudali e di casta, dichiarando che tutti gli uomini nascono liberi.

La bufera napoleonica testimoniava che una ferrea volontà di vittoria e una potente organizzazione militare potevano ottenere risultati impensabili, riuscendo a conquistare popoli e regni gloriosi, sconvolgendo la geografia dell’intero continente europeo. La Grecia aveva dato i natali e formato Alessandro, il più grande genio politico-militare dell’antichità, la cui azione aveva prodotto risultati inimmaginabili e duraturi nel tempo sul piano culturale e artistico.

Erano segni che i tempi stavano decisamente cambiando. Potevano cominciare a mutare anche per la Grecia.

NASCITA DELLA FILIKE ETAIREIA

Dalla fallita esperienza della rivolta nel 1770, gli intelligenti e abili patrioti greci compresero che bisognava creare una rete di associazioni e di comitati, sul modello della Massoneria. Non era un mistero che in Inghilterra, Francia, Germania, Italia e finanche nella lontana Russia, sorgessero società segrete i cui membri giuravano di essere fedeli alla libertà della persona umana e delle idee, di lottare per il progresso economico e sociale, di sostenere la fratellanza tra i popoli e le nazioni. Tutto ciò, nelle diverse sfumature programmatiche e organizzative, significava il superamento dell’assolutismo monarchico, la conquista della Costituzione come legge fondamentale dello Stato, sul modello dellaMagna Cartha inglese.  Nel caso della Grecia, le idee massoniche presero una connotazione patriottica e nazionalista, in quanto l’obiettivo fondamentale era l’indipendenza della nazione greca dalla dominazione ottomana. I territori identificabili e identificati come greci corrispondevano ai sei sangiaccati costituiti dalla Sublime Porta dopo la conquista di Nauplia nel 1540 e il consolidamento del potere nel 1560.

I mercanti delle isole Ionie presero contatti con i massoni di Livorno, Marsiglia, Parigi, Trieste, Venezia, spingendosi fino ad Odessa, fondata di recente da Caterina II, dove esisteva una solida comunità di navigatori greci.

La Chiesa ortodossa sosteneva apertamente il movimento patriottico. In discussione non era tanto la fede cristiana che gli ottomani non vietavano, ma l’identificazione della religione ortodossa con la nazione greca. Il sentimento religioso è stato sempre un potente motore di aggregazione e anche nel caso greco ha avuto un ruolo molto importante.

Anche gli artisti, gli intellettuali e gli omini di cultura si mobilitarono a favore della causa nazionale. Il poeta della Tessaglia Regas Fereos (1757-1798) compose un canto di rivolta sul modello della Marsigliese, le cui prime parole sono un proclama di rivolta.

 «Δεύτε παίδες των Έλλήνων» (Orsù, figli dell’Ellade!).

Non si limitò a comporre versi, ma si pose a capo di un gruppo di rivoltosi in esilio. Napoleone aveva acceso la speranza di molti greci, non tanto per un intervento militare liberatore, quanto nel suscitare entusiasmo e fiducia nella vittoria finale. Ma il destino di Regas Fereos è stato tragico: fu giustiziato dai turchi ai quali fu consegnato dagli austriaci che lo avevano catturato nei pressi di Venezia nel 1797, dove si era recato nella speranza d’incontrare Napoleone Bonaparte. Intendeva perorare la causa del suo paese con il giovane console francese che aveva liberato l’Italia settentrionale dai Savoia e dagli austriaci. Ma l’eroe di Arcole aveva consegnato i territori della Serenissima Repubblica all’Austria con il trattato di Campoformio. In futuro, per la Grecia Napoleone non avrebbe fatto assolutamente nulla. Le Province illiriche, incorporate nell’Impero francese, si limitarono ai territori ex veneziani dell’Istria e della Dalmazia, senza intaccare i confini della Sublime Porta.

Regas Fereos è il primo eroe nazionale della Grecia moderna.

La svolta avviene il 14 settembre 1814. A Odessa, il conte Yoannis Kapodistrias, influenzato dalle idee della rivoluzione americana e francese, oltre che dai tanti militari e nobili zaristi con cui era in contatto, fondò la prima associazione carbonara, sul modello francese e italiano, ma anche della società segrete russe. Al suo fianco ci sono i principali protagonisti del Risorgimento greco: Nikolaos Skophas, Athanasios Tsakalos, Emmanuel Xanthos, Alexandros Mavrokordatos. Si chiamò «Φιλιxή Έταιρεία», Filiki Etaireía,  Società degli Amici. Il conte Yoannis Kapodistrias rifiutò l’incarico di presidente della società. Al suo posto fu provvisoriamente nominato Alexandros Ypsilanti.

Il programma patriottico della società Filiki Etaireía, accanto a quello dei Filomusi, Amici delle Muse, nonostante le prime difficoltà iniziali, si diffuse rapidamente nel Peloponneso e anche nella parte continentale, sia per l’adesione di moltissimi mercanti, intellettuali e professionisti, sia per il sostegno della Chiesa ortodossa.

La società segreta svolse un ruolo fondamentale. Il giuramento di adesione è un autentico atto di fede. «Io Giuro, in nome della Verità e della Giustizia, chiamando a testimone l'Essere supremo, di difendere, fino al sacrificio della vita e alla sopportazione delle peggiori sofferenze, il segreto che mi sarà rivelato e giuro di rispondere con la verità a tutte le domande che mi saranno poste.» Nel quartiere Kolonaki di Atene esiste ancora oggi una lapide che riporta il testo del giuramento.

LA RIVOLTA DEL 1821

L’occasione dell’insurrezione si verificò il 7 marzo 1821 con la proclamazione dell’indipendenza della Moldavia, l’antica Bessarabia dei Romani, da parte del generale  Alexandros Ypsilanti (1792-1828)  e la marcia su Bucarest, perché nell’Epiro si era ribellato Ali Pascià. L’obiettivo era l’occupazione della Valacchia e dell’intera area meridionale dei Balcani. Si ripeteva così il tentativo che nel 1806 aveva visto protagonista il padre di Alexandros, Konstanthinos Ypsilanti (1760-1816), al servizio dello zar Alessandro I, che si era ribellato al sultano, aveva occupato Bucarest alla testa di 30.000 soldati russi e si apprestava a marciare sulle terre meridionali dei Balcani. La pace di Tilsit del 1807 tra Napoleone e la Russia prevedeva la restituzione all’impero ottomano della Valacchia e della Moldavia. Così le conquiste militari si conclusero nel nulla e per l’obiettivo dell’indipendenza greca, che era lo scopo principale dell’operazione di Ypsilanti, non se ne fece nulla.

Il 3 aprile 1821 la rivolta investiva il Peloponneso e si estendeva rapidamente nell’Egeo. Nel frattempo Theodoros Kolokotronis, con la sua formidabile flotta, sbaragliava i Turchi a Baltetsi, liberando le coste del Peloponneso. I rivoltosi erano pronti a sferrare l’attacco alla terraferma, puntando su Atene. Ma qui iniziarono le difficoltà, a causa della resistenza turca e della impreparazione dei patrioti greci. Il 25 marzo, giorno della Pasqua ortodossa, l’arcivescovo di Patrasso, Germanos, lancia un appello alla rivolta dal convento di Aghia Lavra. Ma il 10 aprile il patriarca ecumenico Grigorios viene impiccato dai Turchi a Istanbul sulla porta della cattedrale ortodossa, proprio nel cuore del quartiere Fanar.

Il 9 aprile il Consiglio di Massenia, formato dalle società segrete, rivolgeva un appello a tutte le nazioni civili d’Europa perché prestassero aiuto alla causa greca. Nelle principali città francesi, inglesi e dell’Italia settentrionale nacquero comitati di sostegno alla rivolta greca. Molti si prepararono a partire per l’Egeo con l’intento di dare un segno concreto di solidarietà.

Ma non era semplice trovare una soluzione positiva alle giuste rivendicazioni greche. I territori della Grecia erano parte integrante dell’Impero ottomano, in virtù dell’occupazione di Maometto II nel  1458, di Solimano il Magnifico nel 1560 e delle successive vicende fino alla caduta di Creta nel 1669. Quelle conquiste territoriali erano riconosciute dalle potenze continentali europee. Il Congresso di Vienna del 1815 le aveva confermate. Nessuno voleva alterare lo status quo, anche se lo zar Alessandro I era favorevole alla causa greca.

Il 1 gennaio 1822, 13 gennaio per il calendario greco, i 59  rappresentanti dei principali territori greci si riunirono a Epidauro, dando vita a una sorta di Assemblea Nazionale, e approvarono il testo della Costituzione delle Grecia libera e indipendente. Sembrava di essere tornati all’Areopago ateniese! Il testo di quel fondamentale documento fu redatto dal fanariota Alexandros Mavrokordatos e Theodoros Negri con la collaborazione di due italiani. Erano due professionisti di Ravenna che mantenevano contatti molto stretti con le società segrete greche: l’avvocato Vincenzo Gallina (Ravenna 1795-Aleppo 1842), responsabile del Consiglio Supremo della Carboneria della Romagna e Pietro Gamba, amico di George Byron e testimone della morte del poeta inglese a Missolungi. La «legge organica di Epidauro», come fu chiamata, fu l’atto più importante della prima fase del Risorgimento greco.

Presidente della futura Grecia libera e indipendente fu eletto Alexandros Mavrokordatos, il quale decise di sciogliere le società segrete, proprio per dare forma definita alla nazione. Occorreva provvedere ai simboli del nuovo potere e si cominciò dalla bandiera. Quale vessillo bisognava adottare? L’araba fenice che risorge dalle ceneri era una suggestione potentissima. Ma si decise di adottare la bandiera con la croce bianca su fondo blu quale emblema dell’unità della nuova nazione ellenica. La croce era chiaro richiamo al ruolo decisivo che la Chiesa ortodossa aveva svolto nella lotta di liberazione condotta fino a quel momento e per il richiamo alle radici cristiane della nazione e del popolo; le nove strisce bianche che si sarebbero aggiunte rispondevano alle sillabe del motto dello stato ellenico:  «Έλευθερία ή θάνατος», Eleuteria e Tanatos, Libertà o Morte. Nel 1978 è stata adottata ufficialmente la seconda versione.

E’ la bandiera che ancora oggi, con le nove strisce orizzontali sull’intera superficie e la collocazione della croce nella parte superiore,   sventola sul Partenone e sul Parlamento in piazza Syntagma ad Atene.

Si può vedere il vessillo originario con la croce bianca su fondo blu nel grande dipinto che Theodoros Vryzakis (1814-1878) dipinse nel 1855 per celebrare l’assedio di Missolungi nel 1827, custodito nella Galleria Nazionale di Atena. Dipinto ancora più significativo, perché l’autore è morto durante la guerra per la conquista della Tessaglia.

Quell’evento sollevò entusiasmo in Europa. Il filosofo inglese Jeremy Bentham sostenne apertamente la causa costituzionale greca, sollecitando le potenze della Santa Alleanza a prendere una decisione positiva.

Ma i Turchi passarono rapidamente al contrattacco, di fronte alla incertezza di Francia, Inghilterra e Russia su cosa fare. L’esercito ottomano, forte di circa 30.000 uomini, occupò il Peloponneso, trovando forte resistenza. Ci furono episodi di eroismo e di crudeltà reciproche: popolazioni massacrate senza motivo e città rase al suolo. Simbolo di questa violenza divenne l’eccidio di circa 20.000 abitanti dell’isola di Scio. Il pittore Eugene Délacroix nel 1824 ha rappresentato la tragedia con un dipinto rimasto memorabile. Quell’opera destò grandissima impressione sui francesi e divenne il simbolo della resistenza e della lotta del popolo greco per l’indipendenza e nello stesso tempo era un atto di accusa contro l’indifferenza apparente delle potenze continentali, preoccupate di danneggiare i propri interessi commerciali con la Sublime Porta e di alterare gli equilibri strategici nati dal compromesso post-napoleonico a Vienna e rinnovato a Verna nel 1822.

La Grecia occidentale era intanto assediata e a Missolungi si svolsero episodi di eroica resistenza. La città riuscì a respingere l’assedio a costo di grandi sacrifici. Ma nel frattempo si verificò il primo drammatico contrasto tra i protagonisti della rivolta, ovvero tra Mavrokordatos che governava la parte settentrionale della Grecia ed era stato proclamato presidente della risorta nazione ad Epidauro e Kolokotronis che controllava il Peloponneso e non accettava le decisioni. L’indisciplina è stata sempre una caratteristica delle popolazioni mediterranee, secondo la tradizione consolidata e la letteratura dominante.

Dionisios Solomos, nato a Zante nel 1798 e morto nel 1857, amico di Ugo Foscolo, con il quale condivise l’esilio dalla Grecia, è considerato il più importante poeta greco moderno. Scrisse il celebre «Iμνος εις την Έλευθερίαν»,  Inno alla Libertà, che nel 1823 fu musicato da Nikolas Mantzaros (1795-1872), rappresentando la base dell’attuale inno greco. Mantzaros è considerato il padre della musica greca moderna. Visse a lungo in Italia, dove strinse amicizia con Nicola Zingarelli, Niccolò Tommaseo e Paolo Costa.

         «Σε γνωρίζω από την κόψη,
        του σπαθιού την τρομερή,
        Σε γνωρίζω από την όψη,
        που με βια μετράει τη γη.
        Απ’τα κόκαλα βγαλμένη
        τον Ελλήνων τα ιερά,
        και σαν πρώτα ανδρειωμένη,
        xαίρε ω  xαίρε Ελευθεριά!»

(Ti riconosco dal taglio
Terribile della spada,
ti riconosco dall’espressione
che contempla la terra con vigore.
Risollevati dalle ossa
Sacre dei Greci,
e valorosa come prima,
Ave, ave, Libertà!)

L’INDIPENDENZA GRECA

La Russia pensava che la soluzione più opportuna era dare vita a tre province autonome, sotto protettorato russo. In questo modo si sarebbero attenuati i contrasti tra i protagonisti della rivolta.

La Francia riteneva più opportuno tutelare i propri interessi dando vita ad un regno indipendente da affidare al duca d’Orleans.

L’Inghilterra, timorosa che l’asse franco-russo potesse danneggiare la sua supremazia navale nel Mediterraneo, a sua volta, propose la costituzione di un regno totalmente indipendente.

Lo stallo durò circa due anni, fino a quando la conferenza internazionale, tenutasi a Pietroburgo tra il febbraio e l’aprile del 1825, segnò la svolta decisiva. L’offensiva turca nell’Egeo minacciava seriamente gli equilibri nel Mediterraneo orientale. Era soprattutto la Russia che temeva una ripresa dell’offensiva ottomana in tutta l’area, con conseguenze sulle sponde del Mar Nero, dove la dominazione zarista si veniva consolidando. Le pressioni dello zar Nicola I, appena salito al trono, per portare soccorso ai fratelli ortodossi greci, si concluse con il trattato di Londra del 6 luglio 1827.

L’Assemblea Nazionale Greca, riunita a Nauplia, elesse Kybernetes, presidente della Grecia indipendente, proprio Yoannis Kapodistrias. Le sue iniziative di cambiamento e rinnovamento non furono accettate da molti componenti la stessa Assemblea. In particolare non furono accolte le proposte per una timida riforma agraria che aveva lo scpo di modernizzare le strutture produttive. Il principe Petros Mavromichalis (1765-1848), uno dei più importanti proprietari terrieri, si pose alla testa dell’opposizione e fu arrestato; il fratello Konstantinos e il figlio Georgios assassinarono Kapodistrias il 9 ottobre 1831 proprio a Nauplia, nella chiesa di S. Spiridone. Il maniota Petros Mavromichalis è una figura molto importante nel Risorgimento greco: a capo delle sue truppe, il 23 marzo 1821 entrò a Kalamata, dando inizio alla guerra d’indipendenza. E’ celebrato nel Peloponneso e in tutta la Grecia come eroe nazionale.

Ma la Turchia non accettò quelle conclusioni e scatenò una ulteriore controffensiva che costrinse Francia e Inghilterra a intervenire militarmente a sostegno della Grecia. Nello stesso tempo la Russia studiava una conclusione del conflitto direttamente con la Turchia. Questa strategia diplomatica portava al tratta di Adrianopoli che imponeva alla Sublime Porta di accettare il trattato di Londra. Il protocollo successivo del 22 marzo 1829 stabiliva che il futuro stato ellenico avrebbe compreso la Morea ovvero il Peloponneso, la Grecia continentale fino a Volos, l’Eubea e le Cicladi. Restavano escluse la Tessaglia, le Meteore e parte della Macedonia. La monarchia sarebbe stata la forma di governo su cui tutti si dichiararono d’accordo. La Grecia aveva finalmente ottenuto la sua indipendenza.

IL REGNO DI OTTONE I

Ma chi doveva essere il re?

La Russia, che aveva sostenuto la candidatura di Yoannis Kapodistrias, si trovò isolata. Non era facile trovare una soluzione condivisa. Infatti il conte, definito dai suoi avversari «Prefetto dello zar», era ucciso nel 1831. A quel punto, le potenze in causa decisero che il primo re di Grecia sarebbe stato uno straniero, una personalità al di sopra dei conflitti locali, superando l’antagonismo tra fanarioti e manioti. Si scelse un giovane tedesco, il principe Otto von Wittelsbach, figlio di Luigi I di Baviera, appena diciottenne. Salì al trono con il titolo di Ὄθων, Βασιλεὺς τῆς Ἑλλάδος(Othon, Basileus tes Ellados), Ottone re dei Greci. Cattolico, non abbracciò il rito ortodosso, anche se la tradizione voleva che la sua famiglia discendesse dagli imperatori bizantini appartenenti alla dinastia Comneno e Laskaris.

Il giovane sovrano giunse ad Atene con 3.500 soldati bavaresi al seguito, sorta di Guardia nazionale, e con un consiglio di reggenza composto da tre persone, tra cui il conte Joseph Ludwig von Armansperg.

La Turchia pretese come risarcimento per la perdita dei territori nell’Egeo la somma di 40 milioni di piastre.

Il regno di Ottone I mosse i primi passi in mezzo a molte difficoltà. La povertà e l’arretratezza della Grecia, la concentrazione della proprietà fondiaria nelle mani di poche famiglie, il commercio marittimo gestito da potenti famiglie con radicamento nei principali paesi europei, la ricchezza della chiesa ortodossa, rappresentavano oggettive difficoltà. Inoltre, pesavano le divisioni interne al movimento indipendentista sulle future alleanze strategiche della nuova Grecia: le forze tradizionaliste guardavano con fiducia alla Russia, non soltanto per i legami religiosi; quelle nate con la primigenia borghesia di matrice mercantile e professionale spingevano per legami più stretti con Francia, Inghilterra e paesi germanici. Sono aspetti che si troveranno nella storia della Grecia fino ai nostri giorni.

Ottone riuscì ad avviare il rinnovamento della struttura dello stato dalle ceneri dei Sangiaccati e dei Beg ottomani, a riaprire l’Accademia di Atene che Platone aveva fondato nel 387 a.C. col nome di «Ἑκαδήμεια», Akademeia, e che era stata chiusa dall’imperatore Giustiniano nel 529. E’ stato formato il primo governo della storia greca. Primo ministro fu nominato Spiridon Trikoupis (1788-1873),  importante patriota di Missolungi con una lunga esperienza in Francia e Inghilterra, divenuto celebre per avere svolto l’orazione funebre nella cattedrale di Missolungi in onore di Lor Byron nel 1824; ministro delle finanze fu nominato Alexandros Mavrokordatos.

La gestione del potere era tuttavia troppo accentrata nelle mani del re che veniva accusato di usare metodi teutonici, a fronte della libertà di pensiero e di movimento dei fantasiosi e spericolati greci. Le pressioni per una nuova Costituzione che consentisse alla nazione di esprimere la propria volontà politica divennero molto forti. Nel 1844 fu così adottata la nuova Costituzione della Grecia che prevedeva la monarchia parlamentare, sul modello inglese e francese, il rito cristiano greco-ortodosso come religione di stato. Ma non cessarono le turbolenze interne, i conflitti legati al ruolo di Francia, Inghilterra, Russia nel Mediterraneo e nei Balcani. Il giovane sovrano non fu in grado di governare la conflittualità interna da un lato e la collocazione della Grecia nello scacchiere  internazionale, fino a che fu costretto a lasciare il trono. Nella sostanza fu destituito dal Parlamento nel 1862.

Come dare continuità alla giovane monarchia greca? Il consesso delle case regnanti portò alla designazione del diciassettenne Wilhelm Georg von Schleswig-Holsteien, filgio del re di Danimarca, che prese il nome di Giorgio I. Si trattò di una scelta riuscita, perché il giovane sovrano manifestò subito doti positive nel governare, essendo soprattutto capace di circondarsi di persone abili e preparate, anche se turbolente e rissose, come nel carattere dei Greci. Il sovrano avviò l’attuazione di un vasto programma di modernizzazione e di trasformazione del paese. Furono potenziate le strutture marittime e portuali, la viabilità stradale e quella ferroviaria, l’organizzazione scolastica e sanitaria.

La costruzione della ferrovia che collega Salonicco con Volos e Atene, iniziata nel 1882, è legato al none dell’ingegnere siciliano Evaristo De Chirico. Proprio a Volos è nato il figlio Giorgio, uno dei più importanti pittori italiani del Novecento.

Re Giorgio  riuscì a portare avanti un vasto programma di allargamento territoriale verso nord, proprio nell’intento di completare il processo risorgimentale greco.  Nel 1878 fu annessa la Tessaglia e le isole Ionie, parte della Macedonia e della Tracia.

I Greci continuavano tuttavia a emigrare in maniera massiccia verso le Americhe e l’Europa, a riprova che la situazione economica e sociale, nonstante i passi in avanti compiuti, restava pesante.

Re Giorgio fu assassinato nel 1913 proprio a Salonicco, quella Thessaloniki che aveva conquistato con tanto ardimento. La data dice tutto: è la viglia della prima guerra mondiale. La morte danzava con le sue ali d’acciaio su bicchieri di cristallo, come avrebbe scritto Joseph Roth qualche anno dopo. Da che parte doveva schierarsi la Grecia?

Il successore, il figlio Konstantinos (1868-1923), sposato con la sorella del kaiser Wilhelm II, spingeva per scendere in guerra a fianco della Triplice Alleanza; il primo ministro, il cretese Eleftherios Venizelos (1864-1923) propendeva per schierarsi con la Triplice Intesa.

Ma questa è storia dell’ultimo secolo. Le tragedie non sono state risparmiate al popolo greco. E sono tragedie pesantissime, dall’incendio di Smirne e della diaspora dall’Asia minore alla Seconda guerra mondiale, alla guerra civile e alla dittatura dei colonnelli.

Anche l’Italia ha pagato un tragico prezzo per la follia di occupare militarmente la Grecia a fianco dei nazisti. L’eccidio di Cefalonia, perpetrato dalla Wermacht subito dopo l’8 settembre 1943, è costato la vita a circa 2.000 soldati italiani, è una pagina tra le più amare della recente storia italiana.

Oggi la Grecia è nuovamente nell’occhio del ciclone, per motivi economico-finanziari. Ma non è la docile fanciulla Europa, figlia del fenicio Agenore, glorioso re di Tiro, che si è vendicata di quel proditorio rapimento. La Grecia è in Occidente, quell’Erebo dove tramonta il sole, da cui prende il nome la bella principessa che ha fatto impazzire Zeus. E noi tutti siamo in vita perché respiriamo ancora lo spirito magico che soffia ancora dalle vette dell’Olimpo e dall’areopago di Atene e dagli ulivi del giardino di Platone.


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