ΑMPE
La Grecia di
Tsipras affronta l'ultima parte della svendita totale del suo patrimonio e
della sua civiltà. Sul mercato finisce la stessa democrazia.
MAURIZIO
PAGLIASSOTTI, 16 GENNAIO 2018
ATENE - La
Grecia di Alexis Tsipras è entrata nella «fase laboratorio»: vedere cosa
succede ad un paese lasciato nelle mani dei creditori. Disse Milton Friedman:
«Lo shock serve a far diventare politicamente inevitabile quello che
socialmente è inaccettabile»: lo shock della Grecia risale al’estate del 2015
quando con la giacca gettata sul tavolo al grido di «prendetevi anche questa»
il primo ministro Alexis Tsipras firmò la resa senza condizioni della sua
nazione sconfitta. Umiliato di fronte al proprio paese e al mondo da Angela
Merkel, volutamente. Sul tavolo, quella notte, non finì solo la Grecia, ma la
stessa democrazia che l’occidente ha vissuto in quelli che il grande storico
Hobsbawm ha definito «i gloriosi trent'anni». Il voto greco, consapevole, che rifiutava
il commissariamento della Trojka ad ogni costo, ad ogni costo veniva tradito in
cambio di un piano lacrime e sangue, ancor più punitivo perché doveva
sanzionare l’ardire di un popolo intero che osava ribellarsi alla volontà
suprema dell’Europa finanziaria. Che solo in quel caso e per pochi giorni gettò
la maschera della finta solidarietà, dei traditi valori di Ventotene, e si
manifestò nella pura essenza del terrorismo finanziario.
Senza un
governo, comandano i tedeschi
Nel nuovo
reame globalizzato la Grecia è il primo esperimento compiuto di «stato
disciolto»: il governo della sinistra, solo pochi anni fa definito estremista,
ha assunto il ruolo finale: l’assorbimento del conflitto sociale che si scatena
a fronte di una colonizzazione. Il 2018 sarà l’anno dove l’esproprio della
ricchezza pubblica e privata diventerà in Grecia molto più veloce, e aggredirà
i rimasugli di patrimonio restanti. Gli immobili vengono messi all’asta e i
compratori stranieri – banche, privati e perfino istituzioni – possono
prendersi un’isola, un appartamento, una spiaggia, un'opera antica: qualsiasi
cosa. Il tutto a prezzi stracciati, a meno del 5% del loro valore.
Anche le
case all'asta sul web
Finiscono
all’asta, sul web, come una cosa qualsiasi, perfino le prime case se superano
una determinata superficie. Il tutto nel plauso della parte ricca del paese,
che potrà accaparrarsi i beni della classe media, per non parlare di quella
povera, a prezzi stracciati. Nella democrazia di facciata del governo Tsipras i
poveri sono sempre più poveri, e i ricchi sono sempre più ricchi. Sembra di
parlare degli Stati Uniti, e invece è la Grecia, un paese nobile e antico, su
cui si fonda l’intera cultura occidentale, che si trova ad un passo dalle
nostre coste. Per molti aspetti laddove è fondato il nostro passato si vede il
nostro futuro. C’è una qualche differenza tra un comune italiano, come quello
di Torino ad esempio, e lo stato greco? Entrambi sono assediati dai debiti,
contratti per mitigare l’impatto della deindustrializzazione globalizzante,
entrambi sono sotto il controllo delle banche che dettano i piani di governo: a
suon di privatizzazioni, svendite di patrimonio e licenziamenti collettivi. La
trappola del debito è una tagliola, entro la quale viene ferita la democrazia.
I piani di rientro sono agende incontrovertibili, totali, spietate. Rispetto i
quali ogni programma elettorale è soccombente.
Ultimo
sforzo, poi il deserto
I
commentatori filo governativi sottolineano che il 2018 sarà l’anno «dell’ultimo
sforzo» per arrivare alla fine del commissariamento da parte dei creditori. Per
dare un’idea di cosa si parla: un governo di estrema sinistra, si fa per dire,
ha approvato delle norme che restringono la libertà di sciopero. Di fatto in
Grecia diventa illegale, perché per la proclamazione degli scioperi dovrà
partecipare alle assemblee il 50% degli iscritti ai vari sindacati di
categoria. E questa è solo l’ultima parte di un processo che ha già
pesantemente colpito lo stato sociale, le pensioni, i salari, i beni pubblici,
e il diritto del lavoro. Imbarazzante, tra l’altro, l’asse politico tra Alexis
Tsipras e Emmanuel Macron: ennesima prova dello sbandamento culturale della
sinistra incapace di inquadrare un orizzonte politico differente da quello dei banchieri.
Italia come
la Grecia?
Ovviamente
il governo greco confida che nell’agosto del 2018 la Trojka, in virtù del piano
di rientro greco, vada via, e lasci il paese libero di finanziarsi sul mercato
globale. Ma se anche fosse, questo non migliorerebbe la situazione della
Grecia, ormai allo stremo. Il debito pubblico greco, da «vendere» sul mercato
obbligatoriamente a tassi elevati, finirebbe nuovamente all’estero. E il
processo si ripeterebbe esattamente uguale agli ultimi sette anni. Ovviamente
vi sarà un’espansione del Pil e una ripresa dei contratti di lavoro a prezzi
stracciati. Il governo, la democrazia, non servirebbe più a nulla: se non a
creare un simulacro. L’esperimento greco, la palla di cristallo in cui si può
vedere il futuro dell’Italia se non vi sarà una drastica inversione politica, è
davanti a noi.
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